Sogni e realtà - Singola | Storie di scenari e orizzonti

Sogni e realtà

Un estratto da "Il credo dell'uomo libero" di Bertrand Russell, recentemente pubblicato in un'edizione ampliata da Piano B Edizioni.

Bertrand Russell

(1872-1970) è stato un filosofo britannico tra i più influenti del XX secolo. Saggista e critico sociale, è noto soprattutto per il suo lavoro sulla logica matematica e la filosofia analitica.

Pubblichiamo un estratto da Il credo dell'uomo libero di Bertrand Russell, recentemente edito da Piano B Edizioni.


Sogni e realtà
[1]

(1919)

i.

L’influenza che i nostri desideri esercitano sulle nostre credenze è un fatto di comune conoscenza e osservazione, eppure la natura di tale influenza è molto spesso fraintesa. Si suppone che gran parte delle nostre credenze siano derivate da un terreno razionale, e che il desiderio sia solo una forza occasionale e inquietante. L’esatto opposto di ciò sarebbe più vicino alla realtà: la maggior parte delle credenze sulle quali si fonda la nostra vita quotidiana non è altro che l’incarnazione del desiderio, corretto qua e là, in punti isolati, dal rude impatto con la realtà. L’uomo è essenzialmente un sognatore, svegliato a volte e per un istante da un qualche elemento particolarmente invadente del mondo esterno, ma pronto a cadere di nuovo nella beata sonnolenza dell’immaginazione. Freud ci ha mostrato come gran parte dei nostri sogni siano immagini compiute dei nostri desideri; e con altrettanta verità ha fatto lo stesso per i nostri sogni diurni; e fra questi avrebbe potuto benissimo includere quei sogni a occhi aperti che chiamiamo credenze.

Ci sono tre modi con cui possiamo dimostrare l’origine non razionale delle nostre convinzioni: c’è la via della psicoanalisi, che a partire dalla comprensione del folle e dell’isterico rende a poco a poco chiaro quanto poco queste persone siano diverse dalle normali persone “sane”. Poi c’è la via del filosofo scettico, capace di dimostrare quanto sia debole l’evidenza razionale anche per le nostre credenze più care; alla fine c’è il metodo comune degli uomini. Ed è esattamente questo che mi propongo di prendere in considerazione.

I selvaggi più remoti, per come li conosciamo grazie al lavoro degli antropologi, non brancolano in una cosciente ignoranza tra fenomeni che sono consapevoli di non capire. Al contrario, hanno svariate credenze così saldamente sostenute da controllare tutte le loro attività più importanti. Credono che mangiando la carne di un animale o di un guerriero sia possibile acquisire la virtù posseduta dalla vittima quando era viva. Molti di loro credono che pronunciare il nome del loro capo sia sacrilego e che porti alla morte istantanea; e arrivano fino al punto di alterare tutte le parole in cui il suo nome ricorre come una delle sillabe. Quando poi arrivano all’agricoltura, e il tempo diventa fondamentale per l’approvvigionamento di cibo, credono che incantesimi magici o l’accensione di falò possa provocare la pioggia o permettere al sole di riscaldare di più. Credono che quando un uomo viene ucciso il suo sangue, o il suo fantasma, perseguiti l’assassino per ottenere vendetta, ma che può essere ingannato da un semplice camuffamento come dipingersi il volto di rosso o vestirsi a lutto. La prima metà di questa credenza, evidentemente, è stata messa in giro da coloro che temevano di essere ammazzati, la seconda da coloro che avevano commesso un omicidio.

Non che tali credenze irrazionali siano confinate ai selvaggi. La gran parte della razza umana ha opinioni religiose diverse dalle nostre, e dunque prive di fondamento. Le persone interessate alla politica, con l’eccezione dei politici, nutrono convinzioni appassionate su innumerevoli questioni che a ogni persona libera da pregiudizi non possono non apparire insolubili a lume di ragione. I volontari del partito durante un’elezione combattuta credono sempre che la loro parte prevarrà, malgrado tutte le ragioni possano far prevedere una sconfitta. Non c’è alcun dubbio che nell’autunno del 1914 la stragrande maggioranza della nazione tedesca si sentiva assolutamente certa della vittoria della Germania. In questo caso la realtà si è intromessa e ha dissipato il sogno. Ma se, in qualche modo, a tutti gli storici non tedeschi fosse impedito di scrivere di storia per i prossimi cento anni, il sogno tornerebbe a trionfare: le vittorie iniziali sarebbero ricordate e gli ultimi disastri dimenticati.

La cortesia è la pratica di rispettare quella parte di credenze dell’uomo che è particolarmente connessa ai suoi meriti o a quelli del suo gruppo. Ogni uomo, dovunque egli vada, si trova circondato da una nuvola di confortanti convinzioni, che si muovono con lui come mosche in un giorno di estate. Alcune di queste convinzioni sono personali e private: gli dicono delle sue virtù e della sua superiorità, dell’affetto dei suoi amici e del rispetto dei suoi conoscenti, delle prospettive rosee di carriera, e della sua energia instancabile nonostante la salute delicata. Altre convinzioni gli giungono dalla superiore eccellenza della sua famiglia: di come suo padre sia dotato di quell’inflessibile rettitudine oggi così rara, e di come ha cresciuto i suoi figli con un rigore che va ben al di là di quello dei genitori moderni; dei suoi figli che non perdono una sola gara a scuola, e di come la figlia non è il tipo da fare un matrimonio imprudente. Poi ci sono le credenze sulla sua classe sociale, la quale, a giudicare dal suo status, è la socialmente migliore, la più intelligente o quella moralmente più meritevole tra le classi della comunità. Per quanto riguarda la sua nazione, ogni uomo nutre una serie di comode illusioni. «Le nazioni straniere, mi spiace dirlo, si comportano come si comportano». Così dice Mr. Podsnap, dando espressione, con queste parole, a uno dei più profondi sentimenti del cuore umano. Alla fine ci sono quelle teorie che esaltano l’umanità in generale, sia di per sé che in confronto alla «bruta creazione». Gli uomini hanno un’anima, gli animali no; l’uomo è «l’animale razionale»; qualsiasi azione particolarmente crudele si definisce «brutale» o «bestiale» (anche se in realtà è tipicamente umana) [2]; Dio fece l’uomo a sua immagine e somiglianza, e il benessere dell’uomo è il fine ultimo dell’universo.

Abbiamo così una gerarchia di confortanti convinzioni: quelle private relative all’individuo, quelle che l’individuo condivide con la sua famiglia, quelle che ha in comune con la sua classe e la sua nazione e infine quelle che sono auspicabili per tutta l’umanità in generale. Se desideriamo avere un buon rapporto con un uomo dobbiamo rispettare queste convinzioni; di un uomo, dunque, noi non parliamo in sua presenza così come ne parleremmo alle spalle; e questa differenza aumenta via via che la distanza tra lui e noi si fa sempre maggiore. Parlando a un fratello, non sentiamo alcun bisogno di usare coscientemente cortesia nei riguardi dei suoi genitori. La necessità di essere cortesi si fa sentire al massimo grado quando si parla a degli stranieri, ed è una necessità così noiosa da riuscire a paralizzare coloro che sono abituati a stare solo con i compatrioti. Ricordo una volta che dissi a un americano che non aveva mai girato il mondo che in qualche punto la costituzione americana era paragonabile a quella inglese. L’americano si infervorò immediatamente: non avendo mai sentito questo giudizio sino ad allora, non riusciva a immaginare che lo si potesse sostenere con un minimo di ragione. Entrambi avevamo mancato di cortesia, e il risultato fu disastroso.

Ma i risultati di un fallimento della cortesia, per quanto cattivi possano essere da un punto di vista sociale, sono ammirevoli nella loro funzione di distruttori di miti. Ci sono due modi in cui le nostre credenze naturali vengono corrette: il contatto con la realtà, come quando prendiamo per buono un fungo velenoso e ne soffriamo di conseguenza; l’altro, quando i nostri credi confliggono, non direttamente con la realtà di fatto, ma quando si oppongono alle credenze di altri uomini. Un uomo pensa sia lecito mangiare il maiale ma non il manzo; un altro il manzo ma non il maiale. Il risultato usuale di questa differenza di vedute è lo spargimento di sangue; ma gradualmente si sta cominciando a insinuare l’opinione che forse nessuna di queste due credenze sia veramente peccaminosa. La modestia, ossia il corrispondente della cordialità, consiste nel pretendere che noi e i nostri intimi non siamo migliori dell’uomo con cui stiamo parlando e della sua famiglia. Solo in Cina quest’arte è completamente compresa. Mi hanno detto che se chiedete a un mandarino cinese della salute della moglie e dei figli, lui vi risponderà: «Quella donna spregevole e la sua covata verminosa, di cui sua magnificenza si degna di essere informato, godono di ottima salute». Ma una tale elaborazione richiede un’esistenza dignitosa e piacevole, mentre è impossibile nei rapporti rapidi e gravosi della politica o degli affari. Passo dopo passo le relazioni con gli altri esseri umani sfateranno i miti di tutti, salvo quelli più fortunati. La vanità personale sarà smontata dai fratelli, la presunzione familiare dai compagni di scuola, la presunzione di classe dalla vita politica, la presunzione nazionale dalla sconfitta in guerra o nel commercio. Ma la presunzione umana resta e in questo campo, almeno per quello che ci si può aspettare dai rapporti sociali, la facoltà di costruirsi miti ha gioco libero. Contro questa forma di illusione, un correttivo parziale è trovato nelle Scienze; ma il correttivo non può mai essere molto più che parziale, poiché senza una certa dose di credulità anche la scienza si sgretolerebbe e crollerebbe.

ii.

I sogni personali e di gruppo degli uomini possono essere ridicoli, ma i loro sogni umani collettivi, per noi che non possiamo oltrepassare i confini dell’umanità, sono patetici. L’universo, così come ce lo rivela l’astronomia, è immenso. Quant’altro possa esserci al di là della portata dei telescopi non lo possiamo dire; ma quella parte a noi ancora sconosciuta è di inimmaginabile immensità. Nel mondo visibile la Via Lattea è soltanto un minuscolo frammento, in tale frammento il sistema solare è una macchia infinitesimale, e di questa macchia il nostro pianeta costituisce un microscopico puntino. Su questo puntino, minuscoli aggregati di carbonio e acqua, dalla struttura complessa e dotati di insolite proprietà fisico-chimiche, strisciano per pochi anni, finché non tornano a dissolversi negli elementi di cui sono composti. Essi dividono il loro tempo fra il lavoro escogitato per rinviare il momento in cui ciascuno di essi si dissolverà, e le frenetiche lotte per tenere gli altri lontano da quel lavoro. Convulsioni naturali distruggono periodicamente alcune migliaia o milioni di loro, mentre la malattia ne spazza precocemente via molti di più. Questi avvenimenti sono considerati disgrazie; ma quando gli uomini riescono a procurare con le loro stesse mani simili distruzioni se ne compiacciono, e rendono grazie a Dio. Nella vita del sistema solare il periodo durante il quale l’esistenza dell’uomo sarà fisicamente possibile è una piccolissima porzione del tutto; ma c’è ragione di credere che anche prima che questo periodo termini, l’uomo sarà riuscito a porre fine alla propria esistenza grazie ai suoi sforzi diretti al reciproco annientamento. Tale è la vita dell’uomo vista dall’esterno.

Ma questa visione della vita, ci viene detto, è intollerabile, e distruggerebbe l’energia istintiva grazie al quale l’uomo continua a vivere. E la via di fuga che hanno trovato è quella della religione e della filosofia. Per quanto alieno e indifferente il mondo esterno possa sembrare, i nostri confortatori ci assicurano che esiste un’armonia al di là dell’apparente conflitto. Tutto il lungo sviluppo della nebulosa originale dovrebbe giungere all’uomo come culmine del suo processo. L’Amleto è un dramma molto noto, ma pochi, ne sono certo, ricorderanno la parte del primo marinaio, costituita da cinque parole: «Che Dio vi benedica, Signore». Ma supponiamo l’esistenza di una società di uomini il cui unico scopo nella vita sia di recitare quel ruolo; immaginiamoli isolati dal contatto con gli Amleti, gli Orazi e perfino con i Guildenstern: non inventerebbero forse nuovi sistemi di critica letteraria secondo i quali le cinque parole del primo marinaio sarebbero il nocciolo di tutto il dramma? Non punirebbero essi con l’ignominia e l’esilio chi si permettesse di avanzare l’ipotesi che forse anche le altri parti hanno uguale importanza? E la vita dell’umanità, in proporzione a quella dell’universo è molto più piccola della parte del primo marinaio rispetto a tutto l’Amleto: ma noi non possiamo seguire da dietro le quinte il resto del dramma, e conosciamo pochissimo dei personaggi e della trama.

Quando pensiamo al genere umano, pensiamo in primo luogo a noi stessi come ai suoi rappresentanti; di conseguenza pensiamo un gran bene dell’umanità, e consideriamo fondamentale la sua conservazione. Mr. Jones, il droghiere nonconformista, è certo di meritare la vita eterna, e un universo che gliela rifiutasse sarebbe intollerabilmente malvagio. Ma quando gli viene in mente Mr. Robinson, il suo concorrente anglicano, che mescola sabbia allo zucchero e non osserva troppo il sabato, si convince che l’universo non deve essere di manica troppo larga in fatto di carità. Per completare la sua felicità, bisogna che per Mr. Robinson ci sia il fuoco dell’inferno; in questo modo l’importanza cosmica dell’uomo è salva, e la distinzione vitale fra amici e nemici non viene obliterata da una fiacca benevolenza universale. Mr. Robinson, a parti invertite, è dello stesso parere, e così restano tutti felici e contenti.

Nei giorni prima di Copernico non c’era bisogno di sottigliezza filosofica per mantenere la visione antropocentrica del mondo. I cieli ruotavano visibilmente intorno alla terra, e sulla terra l’uomo dominava su tutte le bestie del campo. Ma quando la terra perse la sua posizione centrale anche l’uomo fu deposto dalle sue altezze, e fu necessario inventare una metafisica che correggesse le “volgarità” della scienza. Questo compito è stato assolto da coloro che sono chiamati idealisti, i quali sostengono che il mondo materiale sia l’aspetto irreale, mentre la realtà è la Mente o lo Spirito che trascende la mente o spirito del filosofo così come il filosofo trascende gli uomini comuni. Lungi dal non esserci nessun luogo come casa propria, questi pensatori ci assicurano che ogni luogo è casa propria. In tutto ciò che c’è di meglio in noi, ossia in tutti quei compiti che noi abbiamo in comune con il filosofo in questione, noi siamo una sola cosa con l’universo. Hegel ci rassicura che l’universo assomiglia allo Stato prussiano del suo tempo; i suoi seguaci inglesi lo credono invece assai più analogo a una democrazia plutocratica parlamentare. I motivi suggeriti per giustificare queste idee sono camuffati con cura, in modo da celare sin dall’inizio la loro connessione con i desideri umani; e precisamente facendole derivare da quelle fonti aride che sono la logica e l’analisi della proposizione. Ma l’influenza dei desideri è dimostrata dagli errori commessi, che tendono sempre a essere favorevoli a una sola parte. Quando una persona fa una somma, è più probabile che sbagli a suo favore che a suo danno; e quando un uomo ragiona, è più incline a incorrere in errori che favoriscono i suoi desideri che non altri che lo possono ostacolare. Ed è proprio in questo modo che studiando i pensatori astratti vediamo che sono i loro stessi errori a fornirci la chiave per comprenderne la personalità. 

Perceptions

Perceptions | Krusty Da Clown / Flickr

Molti possono sostenere che se anche questi sistemi inventati dagli uomini non fossero veri, andrebbero comunque lasciati indisturbati, poiché sono innocui e confortanti. Ma in realtà non sono innocui, e il conforto che donano è pagato al caro prezzo della miseria, di quella miseria che potrebbe essere evitata e che da questi sistemi gli uomini sono indotti a tollerare. I mali della vita nascono in parte da cause naturali e in parte dalla reciproca ostilità degli uomini. In passato la concorrenza e la guerra erano necessarie per la messa al sicuro del cibo, che poteva essere ottenuto solo dai vincitori. Oggi, per effetto del dominio sulle forze naturali che la scienza ha iniziato a fornire, ci sarebbe più conforto e felicità per tutti se tutti si dedicassero alla conquista della natura piuttosto che dei propri simili.

Al di là di tutti gli argomenti utilitaristici, la ricerca della felicità basata su false credenze non è né molto nobile né molto gloriosa. C’è una gioia vigorosa nella ferma percezione del nostro vero posto nel mondo, e un dramma più emotivo di qualsiasi altro possibile per coloro che si nascondono dietro le chiuse mura del mito. Ci sono “mari perigliosi” nel mondo del pensiero, sui quali possono navigare soltanto coloro che siano pronti ad affrontare la propria impotenza fisica. E soprattutto, c’è la liberazione dalla tirannia della paura, che oscura la luce del giorno e rende gli uomini dei crudeli vermi striscianti. Nessun uomo può liberarsi dalla paura se non osa guardare al suo posto nel mondo così com’è, nessun uomo può raggiungere la grandezza di cui è capace finché non ha concesso a se stesso di vedere la propria piccolezza.

 

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Note

[1]  Dreams and Facts, pubblicato nel 1919 in «The Athenaeum». Sarà successivamente ripubblicato da Russell nei suoi Sceptical Essays (1928).

[2] Mysterious Stranger, di Mark Twain (N.d.A.).

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Europa - 1919
Pensiero
Bertrand Russell

(1872-1970) è stato un filosofo britannico tra i più influenti del XX secolo. Saggista e critico sociale, è noto soprattutto per il suo lavoro sulla logica matematica e la filosofia analitica.

Pubblicato:
14-03-2022
Ultima modifica:
14-03-2022
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