Ci ricorderemo ancora di lei? - Singola | Storie di scenari e orizzonti
Greta Thunberg al Parlamento Europeo, 4 marzo 2020
Greta Thunberg al Parlamento Europeo, 4 marzo 2020 | Copyright: European Parliament / Flickr

Ci ricorderemo ancora di lei?

I movimenti come Fridays for Future, ma anche le nostre Sardine, hanno bisogno di essere riconoscibili. Il punto di partenza è uno: rinnovare sempre il messaggio.

Greta Thunberg al Parlamento Europeo, 4 marzo 2020 | Copyright: European Parliament / Flickr
Redazione Singola

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Le epidemie non scoppiano per caso. Esse sono legate sempre a dei fattori come la sovrappolazione, le scarse condizioni igieniche e il contatto ravvicinato tra uomini e animali. L'epidemia di Covid non fa eccezione, è scoppiata in un contesto, quello cinese, dove sussistono e coabitano tutte le condizioni elencate, e si è potuta diffondere a macchia d'olio con gli spostamenti intercontinentali e con il commercio. La pandemia è la dimensione globale del contagio, nessun paese ne è immune, nessun cittadino del mondo.

Questo concetto, essere cittadini del mondo, è quanto il populismo vorrebbe cancellare con un colpo di gesso sulla lavagna della Storia. In modo ipocrita e di fatto velleitario. Ed è il presupposto ideale dei movimenti civili più avanzati, quelli che invocano o fanno proprio il rinnovarsi di un senso di responsabilità, e quindi anche la nascita di un spirito veramente globale. Non è un caso che questi movimenti, come Fridays for Future, dialoghino con le istituzioni come i Governi, il Parlamento Europeo, l'ONU: sono queste le costruzioni più avanzate che le democrazie abbiano creato. Volerle denigrare, sminuire, avanzando critiche anche legittime, ma mischiandole al linguaggio immondo e oscurantista dei populisti, sarebbe il contrario della strategia che la responsabilità impone: cercare di essere costruttivi.

È questa la caratteristica centrale che separa i movimenti ecologisti di oggi, ma anche le nostre Sardine, da quelli di due decenni prima. Questi attivisti hanno capito la lezione di Seattle, di Genova, di Göteborg e cioè: si deve entrare in un stato di idee più complesso del rapporto pacifismo di piazza vs. violenza della repressione. La piazza è solo il palcoscenico, ma la vera manifestazione è come ci rapportiamo con il mondo, e quindi avviene nell'atto di comprare qualcosa, di spostarci, nell'interazione con la società. Agiscono in modo nuovo, e per questo difficilmente intercettabile e comprensibile da parte di chi, quasi sempre 30 anni più vecchio di loro, siede nei certi di potere politico e mediatico.

Ci si dimentica che Greta ha compiuto da poco 17 anni. Le si dice idealista e ingenua, eppure bisognerebbe apprezzare il fatto che il disincanto totale suo e della generazione che si riconosce nel suo linguaggio sia capace di generare un briciolo di idealità e di passione piuttosto che disillusione e cinismo. 

Un'altra cosa che bisognerebbe capire è che questi movimenti sono essenzialmente leaderless, cosa convince è l'idea di mondo che sottintendono, non il carisma dei singoli. Questi volti non vengono generati e selezionati dall'etologia del capo gregge, come tra i populisti, dove avanza il più furbo, il più diretto, il più immoralmente ricco. Un domani il messaggero potrebbe scomparire, ma scomparirebbe difficilmente il messaggio. Il messaggio di Fridays for Future è consistente come la realtà e i suoi problemi, quello dei populisti svanisce dopo l'ultima tromba, con il fumo delle parole.

Oggi il tempo della pandemia agisce sull'intero corpus della società, rivoluziona i centri e le periferie. Sui movimenti come quello di Greta Thunberg ha pure un impatto complesso e contradditorio.
Infatti, se il bagno di realtà dovrebbe confermare, e rilanciare, il messaggio di dove rivedere i nostri modelli di sviluppo, allo stesso tempo, trascina l'attenzione delle persone sugli aspetti più emergenziali. Il rischio è che una parte di coloro che fino a oggi hanno supportato Fridays for Future, potrebbe essere spinta a credere che l'emergenza sanitaria sia un tema meno centrale rispetto a quello "classico" dell'ambiente, mentre è vero esattamente il contrario. Il tema dell'ambiente continua a essere centrale soprattutto perché conclamato da una pandemia. È necessario quindi riaggiornare il messaggio, in modo che abbia risonanza: bisogna dire oggi in modo ancora più forte che questo tempo è un assaggio dei tempi funesti che stanno per arrivare.

Le ragioni stringenti dell'emergenza sanitaria, mentre indeboliscono i calcoli populistici insieme alle teorie cospirative e pseudoscientifiche, generano effetti negativi anche tra le fila di chi si batte per la responsabilità quotidiana e non solamente nello spazio dei due metri che ci separano dall'altro in fila a un supermercato. In altre parole, le ragioni del breve periodo continuano ad avere peso maggiore su quelle del lungo periodo, e questa è proprio la condizione di miopia contro cui si battono i movimenti più saggi della nostra generazione.

Il dibattito pubblico che finora si concentrato sulla capacità di tenuta di questi movimenti a tempo del social distancing - si racconta cioè delle piazze virtuali che gli attivisti, non solo ambientalisti, ma politici e per i diritti civili hanno sperimentato sulle piattaforme digitali - dovrebbe arricchirsi di temi più spaziosi: la vera sfida dei movimenti non è tecnologica, questo è un altro "vizio" presente nei nostri paradigmi. Sopravviverà chi sarà in grado di rinnovare il proprio messaggio all'interno dei propri capisaldi, mantenendo centralità e riconoscibilità.

Vincerà chi continuerà a fare proprio lo spirito della realtà, nello specifico rinnovare la fiducia nella scienza e nell'istruzione, continuare a tenere ferma la barra dell'indipendenza (si noti come, in Italia, le Sardine siano state subito "corteggiate" da un partito di Governo) e allo stesso tempo mai cadere nel tornaconto, nel cinismo e peggio ancora abbandonare la propria idealità.

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Pubblicato:
04-05-2020
Ultima modifica:
16-06-2021
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