L'altra voce - Singola | Storie di scenari e orizzonti

L'altra voce

Un dialogo con l'autrice di "Linguaggi animali" (nottetempo, 2021) sulle basi per riconsiderare il nostro rapporto con gli animali non umani.

Intervista a Eva Meijer
di Andrea Cafarella
Eva Meijer

è un'artista, scrittrice, filosofa e cantautrice. Ha un dottorato in filosofia, ha insegnato filosofia (animale) all'Università di Amsterdam ed è la presidente del gruppo di studio olandese OZSW per l'etica animale e Minding Animals The Netherlands. Ha scritto saggi e opere di narrativa.

Andrea Cafarella

collabora abitualmente con «Cattedrale», «Altri Animali», «L’Indiscreto», «Kobo», «Singola» e «Stanza 251» dove scrive critica letteraria e filosofia. Un suo testo è entrato a far parte della raccolta Piccola Antologia della peste (Ronzani, 2020), curata da Francesco Permunian, con illustrazioni di Roberto Abbiati. Ha curato l’introduzione a Controcielo di René Daumal (Edizioni Tlon, 2020). Il suo ultimo lavoro è il saggio Il simbolo tace. Il dio fanciullo e l’accordo supremo (DITO publishing, 2021).

Da quando nel 1975 venne pubblicato il testo più emblematico per il movimento animalista, l’arcinoto Animal liberation di Peter Singer (disponibile in lingua italiana presso il Saggiatore), i libri che affrontano il rapporto tra animali umani e tutti gli altri animali si moltiplicano di anno in anno. Sono nate correnti filosofiche come il postumanesimo e dipartimenti universitari che si raggruppano sotto l’etichetta di Animal studies. In tutto il mondo, studiosi delle discipline più distanti, dai neurobiologi ai filosofi del linguaggio, hanno approfondito la questione da diversi punti di vista.

Anche in Italia, pur con la consueta lentezza, si sta seguendo questa tendenza comune. Ci basta entrare in una qualunque libreria per cogliere come questo fenomeno stia facendosi spazio nel dibattito culturale: intere collane sono dedicate agli animali non umani, o a quegli studi che tentano di riconsiderare il pensiero filosofico occidentale – tipicamente antropocentrico – rispetto agli esseri viventi appartenenti alle altre specie che vivono sul pianeta Terra.

Tra i tanti pensatori che hanno saputo scuotere l’opinione pubblica e stimolare la discussione culturale, vi è un’autrice olandese ancora pressoché sconosciuta al pubblico italiano. 

Il suo nome è Eva Meijer ed è disponibile da qualche settimana, nella pregevole collana Terra, per le edizioni nottetempo, tradotto meravigliosamente da Stefano Musilli, uno dei suoi libri più belli e commentati: Linguaggi animali. Le conversazioni segrete del mondo vivente. Un saggio molto affascinante che racconta come gli animali comunicano tra di loro e con noi, considerando sia le relazioni intraspecifiche (tra organismi della stessa specie) sia quelle interspecifiche (tra organismi di specie diverse), e mantenendo comunque il punto di vista dell’essere umano, senza paura di dichiarare questa caratteristica intrinseca nello sguardo di chi scrive, evitando così di millantare una supposta neutralità, impossibile da raggiungere. Meijer conduce il lettore attraverso una grande moltitudine di studi e di esempi di ogni genere e tipo, portandoci a ragionare sul modo in cui pensiamo agli animali non umani e ai loro linguaggi, e introducendo l’idea che forse potremmo pensare con loro, e così trovare nuovi stimoli, o comunque idee differenti su come affrontare quest’epoca molto complessa, strana e interessante, comunemente conosciuta – nonostante le controversie – con il nome di Antropocene.

 

Andrea Cafarella - Eva Meijer è un’autrice piena di sorprese; nonostante la sua giovane età ha scritto decine di libri, tra i quali diversi romanzi (alcuni troveranno spazio in futuro nel catalogo di nottetempo). Inoltre, è anche artista visiva, performer e cantautrice. Ricercatrice universitaria di grande successo, scrive regolarmente da molti anni un blog e una rubrica filosofica per il giornale olandese Trouw (purtroppo disponibili esclusivamente in neerlandese). Avendo la fortuna di poterle porre qualche domanda sul suo prezioso e multiforme lavoro, inizierei col chiederle come tutti questi differenti strumenti espressivi e di analisi si influenzano l’un l’altro e come si possa organizzare un così variegato percorso intellettuale nel suo complesso. In che modo si contaminano l’avanzare della ricerca scientifica e il lavoro artistico? 

Eva Maijer - I vari strumenti con i quali lavoro sono come lingue diverse: in un romanzo si possono esprimere cose diverse piuttosto che in un lavoro accademico o in un disegno. Ho la fortuna di poter interloquire con il mondo in varie maniere, e per questo godo di molta libertà in quello che faccio. 
Di solito lavoro a più progetti contemporaneamente, e questi progetti si influenzano a vicenda, ma ciascuno reca in sé qualcosa di nuovo.

AC - Linguaggi animali è un libro davvero coinvolgente, soprattutto perché ricolmo di esempi concreti: le storie di tantissimi animali e del loro modo di comunicare: elefanti, delfini, api, cani selvatici, lupi, scimpanzé, gorilla, polpi, orche, cavalli, gatti, eccetera eccetera eccetera. La caratteristica che mi ha subito colpito di questi racconti è l’estrema varietà delle fonti alle quali si è affidata per costruire questo percorso. Come si è svolto lo studio che costituisce le fondamenta di questo libro? E qual è l’esempio o gli esempi che più di altri ti hanno colpita e ispirata?

EM - Mio padre mi mandava sempre ritagli di giornale con articoli sugli animali. Li ho conservati, e sono diventati il punto di partenza di Linguaggi animali. Si conducono molte ricerche sui linguaggi animali, ma le conoscenze sull’argomento sono frammentarie: un certo biologo, per esempio, indaga solo un singolo aspetto del linguaggio di uno specifico animale. Nel mio libro mi interrogo su cosa dicono queste ricerche nel loro insieme, sugli animali e sul linguaggio. Ci sono numerosi esempi interessanti. Gli studi di “Con” Slobodchikoff sul linguaggio dei cani della prateria hanno la particolarità di essere molto ampi e variegati. Grazie a questi sappiamo per esempio che i cani della prateria sono capaci di descrivere le persone fin nei dettagli (come il colore dei capelli o l’abbigliamento), e che i loro richiami d’allarme sono retti da una grammatica.
Sono interessanti anche gli studi sui nomi: delfini, pappagalli e pipistrelli danno un nome ai loro figli. Il linguaggio non si riduce alle parole; ci sono cefalopodi che comunicano tra loro cambiando colore, e per molte specie contano anche gli odori e il linguaggio del corpo. Le forme espressive degli animali possono essere estremamente complesse e particolareggiate, e funzionano in modi simili a quelli del linguaggio umano. Mi interessano molto anche gli studi su come si esprimono gli animali a proposito delle persone, perché spesso pensiamo di essere gli unici a esprimersi su altri animali.

AC - Un’altra delle arterie principali che alimentano il corpo di questo libro, è la riconsiderazione delle idee filosofiche occidentali rispetto alla coscienza degli altri animali. Da Aristotele a Cartesio e Darwin, proseguendo attraverso le lezioni e le ricerche di Heidegger e dell’ultimo Wittgeinstein (soprattutto: direi che potremmo considerare il filosofo tedesco come il santo protettore o il padrino di questo testo), fino al celebre discorso sullo sguardo animale portato avanti dal filosofo francese che più di tutti ha rimesso in discussione il modo di pensare comune in occidente rispetto all’animale: Jacques Derrida. Vorrei tentare di riassumere questo percorso, per il lettore ignaro, cercando di fissarne i nodi cruciali. Tentando, inoltre, di indicare qual è invece il pensiero al quale ci vuole portare il ragionamento sotteso in Linguaggi animali e che ha guidato il tuo lavoro negli anni.

EM - Credo che Linguaggi animali si possa leggere in due modi. Lo si può leggere come un libro sui linguaggi degli altri animali, nel quale si mostra che i linguaggi umani non sono gli unici, ma che anzi sul nostro pianeta si parla molto e dobbiamo prendere sul serio la questione (la qual cosa ha implicazioni morali per il nostro atteggiamento nei confronti degli altri animali). Lo si può anche leggere, tuttavia, come un libro sul linguaggio, nel quale – sulla scorta del pensiero dei filosofi citati – si riflette su una nuova definizione di linguaggio che renda giustizia alle diverse maniere in cui possiamo comunicare tra noi e con gli altri. Un ruolo in questa impostazione lo ha avuto anche il fatto che io stessa utilizzo linguaggi diversi: nei romanzi mi esprimo in tutt’altro modo che in un saggio filosofico, e la musica è un altro modo ancora di interpretare e condividere il mondo. Questo plurilinguismo è una forma di ricchezza.

AC - Il tuo lavoro prova a dare una prospettiva filosoficamente diversa rispetto al pensiero dominante – occidentale – poiché oltre alla, seppur molto affascinante, mera documentazione sul modo in cui gli animali comunicano, il libro cerca di proporre una direzione anche politica, per il nostro futuro in generale. Per questo motivo le tradizioni filosofiche non occidentali sono completamente escluse dal discorso. 
Ti chiedo, però, se conosci altre tradizioni filosofiche che si approcciano in modo diametralmente opposto, rispetto a quella occidentale, alla coscienza e al linguaggio degli altri animali.

EM - Negli ultimi tempi, a ragione, si è prestata molta attenzione alle culture non occidentali nel pensiero sul rapporto fra l’uomo e il mondo naturale. Il pensiero europeo poggia su una netta distinzione tra essere umano e altri animali, una distinzione che appare inevitabile. Ma non lo è: nemmeno nella tradizione europea è sempre stato così. E in altre tradizioni filosofiche gli esseri umani si vedono come parte di un tutto. Nella filosofia politica, il lavoro di Leanne Betasamosake Simpson offre un’alternativa. In As we have always done. Indigenous freedom through radical resistance, Simpson parla di come i Michi Saagiig Nishnaabeg convivevano con altre specie di animali, considerandole popoli con una propria prospettiva sulla terra e un proprio diritto a esistere. In Pluriversal Politics di Arturo Escobar si spiega che il pensiero e le vite di vari popoli latinoamericani offrono un’alternativa al nostro sistema. Escobar ricollega esplicitamente l’attuale crisi ecologica alla necessità di prestare ascolto ad altre forme di saggezza, come quelle delle piante e degli altri animali.

AC - Sarebbe ingiusto non nominare in questa occasione un libro e una collana che hanno molto fatto parlare di intelligenze animali, in questi ultimi anni, nel nostro paese: parlo della collana Animalia, all’interno della quale Adelphi ha pubblicato alcuni testi indimenticabili, tra i quali spicca – se non altro per la quantità e la qualità dei dialoghi che ha innescato – Altre menti. Il polpo, il mare e le remote origini della coscienza del filosofo Peter Godfrey-Smith; al quale bisognerà necessariamente legare il documentario di Pippa Ehrlich e James Reed – vincitore di moltissimi premi – My Octopus Teacher che racconta l’intenso e commovente rapporto, costruito nel corso di un anno a dir poco trasformativo, tra il documentarista Craig Foster e un polpo. 
Personalmente, mi viene naturale legare queste esperienze “acquatiche” alla geniale idea di fondo che percorre le pagine di un libro molto diverso rispetto a quelli già menzionati: Sulla pista animale di Baptiste Morizot (apparso nella medesima collana nella quale viene pubblicato da nottetempo Linguaggi animali). Morizot propone la pratica dell’inforestamento (alla quale, come ho già detto altrove, affiancherei l’ammaramento, per seguire le suggestioni marine di chi si è avvicinato all’incredibile mondo dei cefalopodi). Inforestarsi, per Morizot, vorrebbe dire avvicinarsi concretamente anche al mondo animale, seguendo le tracce e guardando con gli occhi degli altri animali non umani, tramite una sorta di metamorfosi. Pensi che sia davvero possibile immedesimarsi nella coscienza di esseri appartenenti ad altre specie? E quali pratiche potrebbero permetterci di compiere questo importante e forse essenziale balzo cognitivo e cosmologico? Aggiungo ancora: credi che effettivamente il contatto concreto e prolungato – anche domestico – con altri animali possa aiutare un essere umano a raggiungere una consapevolezza più profonda e ampia del mondo in cui siamo immersi?

EM - Spesso si guarda alla differenza di specie come a un ostacolo insormontabile per la comprensione reciproca, ma a me sembra un errore. Esistono molte differenze anche all’interno della stessa specie, fra individui, fra comunità (che possono comporsi anche di esseri viventi appartenenti a specie diverse). A volte la comprensione è possibile, a volte no, a volte si può conoscere un altro individuo vivendoci insieme, a volte l’altro rimarrà sempre in parte estraneo. Vale sia per gli esseri umani che per gli altri animali. Il confine netto che tracciamo tra noi e gli altri animali è dannoso da una prospettiva morale perché legittima la violenza sugli altri animali, per esempio negli allevamenti intensivi. Ma è sbagliato anche su un piano teorico: per conoscere l’altro non è necessario appartenere alla sua stessa specie. Ascoltando meglio gli altri animali possiamo apprendere molto sui loro mondi, sul mondo che condividiamo e su noi stessi. L’ascolto può avere luogo a un livello individuale, per esempio conoscendo un animale con il quale si convive. Ma anche su un piano politico e culturale occorre prendere più sul serio gli altri animali, attribuendo valore ai loro interessi nelle nostre istituzioni e sviluppando nuove pratiche di ascolto.

Eva Meijer

Eva Meijer

AC - In diverse interviste professi la tua scelta di non mangiare carne né altri derivati animali. Inoltre, di recente hai ottenuto i fondi per un importante progetto di ricerca, che avrà luogo dal 2021 al 2025 all’Università di Amsterdam, chiamato «The politics of (not) eating animals». Ho due domande in merito: credi che sia assolutamente fondamentale – per una questione di coerenza – per chiunque studi e parli di altri animali praticare una dieta esclusivamente vegana? Dall’altra parte: come questa scelta, a un livello collettivo, secondo te, può influire sul nostro futuro come società e, ancor più in generale, come specie?

EM - Più cose impariamo sui linguaggi, le culture, le capacità e le prospettive degli altri animali, più il nostro atteggiamento verso di loro si rivela sbagliato. Molti sanno che gli animali soffrono, ma preferiscono non pensarci. Io non posso permettermi questo lusso (figurarsi gli animali!), e quando si riconosce una grande ingiustizia bisogna fare qualcosa per rimediare. Smettere di sfruttare gli altri animali (veganismo) è un buon inizio. È importante non solo per gli animali, ma anche per gli esseri umani: in quest’epoca di crisi ecologica dobbiamo imparare a consumare in modo diverso e quindi cambiare il nostro atteggiamento. La dieta carnivora, oltretutto, contribuisce a questa crisi, come anche alle pandemie.

 

AC - L’ultimo capitolo di Linguaggi animali è intitolato – per non lasciare alcun dubbio circa la direzione dei tuoi studi – «Perché dobbiamo parlare con gli animali» (corsivo mio), e indica la direzione – politica e sociale – verso cui orientare questo libro; rimandando anche a un altro lavoro nel quale discuti specificamente delle politiche animali (ancora mai tradotto in italiano): When Animals Speak: Toward an Interspecies Democracy
In che modo il discorso sulla comunicazione interspecifica tra l’animale umano e tutti gli altri animali diventa centrale nelle discussioni che riguardano le politiche da adottare nel futuro e cosa possiamo fare, da singoli individui di una abnorme società globalizzata, per supportare questa tendenza che potrebbe letteralmente cambiare il mondo?

EM - I grandi problemi di questa fase storica, come ho già detto, ci spronano a riflettere sulla nostra posizione in quanto esseri umani. Ci piace pensare di sapere tutto meglio di chiunque, ma gli altri animali hanno proprie forme di saggezza. Gli dobbiamo maggiore rispetto, e possiamo imparare da loro. Fare un passo indietro non significa perdere qualcosa ma, anzi, accedere a una nuova fonte di ricchezza. Comportarsi diversamente con gli altri animali significa prima di tutto imparare ad ascoltarli meglio. E possiamo cominciare a farlo oggi stesso, con gli animali che vivono nelle nostre case, nei nostri giardini e nelle nostre città. Occorre però agire anche su un piano politico, unendoci per cambiare le strutture di potere violente. Per gli altri animali, e per il futuro dell’umanità.

Traduzione dell'intervista a cura di Stefano Musilli.

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Eva Meijer

è un'artista, scrittrice, filosofa e cantautrice. Ha un dottorato in filosofia, ha insegnato filosofia (animale) all'Università di Amsterdam ed è la presidente del gruppo di studio olandese OZSW per l'etica animale e Minding Animals The Netherlands. Ha scritto saggi e opere di narrativa.

Andrea Cafarella

collabora abitualmente con «Cattedrale», «Altri Animali», «L’Indiscreto», «Kobo», «Singola» e «Stanza 251» dove scrive critica letteraria e filosofia. Un suo testo è entrato a far parte della raccolta Piccola Antologia della peste (Ronzani, 2020), curata da Francesco Permunian, con illustrazioni di Roberto Abbiati. Ha curato l’introduzione a Controcielo di René Daumal (Edizioni Tlon, 2020). Il suo ultimo lavoro è il saggio Il simbolo tace. Il dio fanciullo e l’accordo supremo (DITO publishing, 2021).

Pubblicato:
28-07-2021
Ultima modifica:
28-07-2021
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