Domesticazione feroce - Singola | Storie di scenari e orizzonti
Una volpe
Una volpe | Copyright: Santhosh Janardhanan / Flickr

Domesticazione feroce

In "Come addomesticare una volpe" Lee Alan Dugatkin e Ljudmila Trut raccontano uno dei progetti più ambiziosi mai tentati nel campo dell'evoluzione e del comportamento animale, trasformare la volpe in un cane.

Una volpe | Copyright: Santhosh Janardhanan / Flickr
Intervista a Lee Alan Dugatkin
di Matteo Moca
Lee Alan Dugatkin

storico dela scienza e biologo americano, è professore alla University of Louisville. Insieme a Ljudmila Trut, genetista ed etologa russa, ha scritto "Come addomesticare una volpe".

Matteo Moca

(1990) scrive, tra gli altri, per Il Tascabile, Il Foglio e Il Riformista. Il suo ultimo libro è Figure del surrealismo italiano. Savinio, Delfini, Landolfi (Carabba).

Nell'autunno del 1952 il genetista russo Dmitrij Beljaev, in quel momento in forze al Laboratorio Centrale di Ricerca sull'allevamento da pelliccia di Mosca, sale sul treno notturno che collega la capitale russa a Tallinn: la capitale dell'Estonia è divisa dalla Finlandia solo da un golfo ma, in quegli anni, non c'era alcuna corrispondenza tra la distanza geografica e quella culturale, uno spazio acquatico che racchiudeva tutta la distanza che passava, attraverso la cortina di ferro, tra l'Europa Orientale e quella Occidentale, tra la libertà dello studio e della scienza e le restrizioni dei regimi sovietici. Beljaev, armato di sigarette, un pasto, articoli scientifici e libri (amante di Leskov, della poesia mistica di Blok e, ovviamente, di Puskin), stava andando a incontrare Nina Sorokina, direttrice di un centro di allevamento di volpi con cui Beljaev collaborava per lo sviluppo delle tecniche di riproduzione, per discutere con lei di una sua teoria destinata a rivoluzionare il mondo della genetica, quella sulla domesticazione.

Con questa scena si apre Come addomesticare una volpe (e farla diventare un cane) (pubblicato da Adelphi con la traduzione di Valentina Marconi) libro dello storico della scienza e biologo americano Lee Alan Dugatkin e di Ljudmila Trut, genetista ed etologa russa che sarà, dal 1958 sino alla morte di Beljaev, la sua più stretta collaboratrice presso l'Istituto di Citologia e Genetica di Novosibirsk, in Siberia, il luogo dove l'attività di Beljaev sulla domesticazione delle volpi ha dato i suoi frutti più sorprendenti. Il lungo esperimento riguardava appunto la possibilità di replicare, nel giro di alcune generazioni di volpi, l'evoluzione millenaria che aveva portato alla domesticazione del lupo, senza alcuna manipolazione genetica ma agendo solamente sulla riproduzione delle volpi, selezionando via via gli esemplari più docili nei confronti dell'uomo.

Lo scodinzolio della piccola volpe Ember, le volpi cucciole che leccano le mani degli addetti alla loro cura sono modifiche nel comportamento della specie che si rivelano sorprendentemente dopo cinque, sei generazioni e i risultati dopo circa quindici anni sono incredibili. Alla fine del libro viene sottolineato come l'isolamento dei geni legati alla domesticazione abbia dato nuovo impulso alla ricerca che, partita più di sessant'anni fa, continua a dare risultati nonostante questo lasso di tempo sia minimo dal punto di vista dell'evoluzione. Dugatkin ci ha raccontato come oggi il team sperimentale lavori molto sui geni potendosi basare anche sulla precisa conoscenza della genetica canina. Per questo, aggiunge Dugatkin, «la genetica molecolare è diventata una delle parti cruciali dello studio a seguito dell'identificazione dei geni che potrebbero essere responsabili dell'influenza sul processo di sviluppo».

 

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Beljaev si interrogava sul processo che aveva portato un animale violento e sanguinario come il lupo a diventare un fidato compagno dell'uomo e i risultati del suo esperimento sono la dimostrazione concreta di come si possa studiare le fasi della domesticazione e quali i fattori che la favoriscono. In Come addomesticare una volpe emerge bene la mentalità straordinaria di questo scienziato, la sua visionarietà e il suo impegno nonostante le mille difficoltà che ha dovuto affrontare nel corso della ricerca, come un violento, continuo e pressante ostracismo politico (e pare infatti particolarmente azzeccato il sottotitolo del libro, Scienziati visionari e una fiaba siberiana sull'evoluzione accelerata).

L'incontro tra Beljaev e Sorokina sembra infatti all'apparenza un normale incontro tra scienziati, ma dietro all'esperienza di Beljaev si cela in realtà un'ostinazione allo studio che coincide anche con il rischio della vita, considerato che Stalin aveva appoggiato la repressione brutale della ricerca genetica e che il «ciarlatano» Trofim Lysenko, che aveva però un'influenza enorme sulla comunità scientifica russa grazie alla benevolenza di Stalin, portava avanti una violenta crociata proprio contro la genetica. La scelta della località di Novosibirsk in Siberia era infatti anche un modo per non mostrare in piena luce la natura dell'esperimento e l'alibi era infatti quello di studiare come migliorare la produzione di pellicce, settore redditizio, una finzione che rivelerà tutto il suo lato tragico, come vedremo, in un avvenimento accaduto a Trut durante l'esperimento.

La genetica è una delle protagoniste assolute di questo libro, una materia di studio che però qui si tinge di un carattere ferocemente politico, tensione da cui emerge con forza l'intreccio tra il totalitarismo sovietico e la scienza. Stalin e Lysenko erano, come detto, feroci oppositori della genetica, definita una disciplina “reazionaria”, e chi voleva stare al passo rischiava la sua vita oltre che il pubblico ludibrio sulla stampa del regime e la mortificazione di ogni risultato scientifico. Dugatkin sottolinea come questo legame trovasse la sua ragion d'essere nella «narrazione» fatta da Lysenko delle sue idee nonostante queste fossero comunque del tutto smentite dalla genetica evolutiva: la sua era però una linea di pensiero che ben si applicava all'ideologia sovietica e così Lysenko convinse Stalin che la genetica tutta non fosse altro che un enorme tentativo di sabotare l'Unione Sovietica. L'enorme importanza di Lysenko fece in modo che la gente fosse ben felice di credergli e di accettare le sue teorie come una verità assoluta, mentre chi si opponeva perdeva il lavoro, finiva in prigione o, addirittura, veniva ucciso.

 

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Un altro protagonista del libro, sempre legato a questo clima di intimidazione e di chiusura intellettuale, è Nikolaj Ivanovic Vavilov, esperto nella domesticazione delle piante: nell'animo di questo scienziato c'è una grande tensione tra il fuori e il dentro, tra l'esplorazione del pianeta come botanico e lo scontro con Lysenko e l'obbligato restringimento dei suoi orizzonti geografici e di studio a causa dell'avversione russa nei suoi confronti. «Vavilov è un altro dei miei eroi», sottolinea Dugatkin, e seppure non fosse al centro dell'esperimento della volpe, in realtà contribuì a chiarire tutto: «anche Vavilov era interessato all'addomesticamento, ma all'addomesticamento delle piante. Era anche, probabilmente, l'oppositore più accanito delle bugie di Lysenko.

Così, dopo che Vavilov, praticamente da solo, aveva girato il mondo raccogliendo centinaia di migliaia di campioni di piante e colture, si rese conto che aveva elaborato idee molto importanti sulla genetica delle piante, ma si rese anche conto che Lysenko era un impostore e si espresse contro di lui in termini molto forti e alla fine per questo fu arrestato. Fu rapito mentre era in missione di ricerca da persone del governo che lo mandarono in una delle peggiori prigioni che si possano immaginare e fu praticamente fatto morire di fame lentamente, morì prima della fine della Seconda Guerra Mondiale. Sarebbe diventato un eroe, anche se non per le fondamentali ricerche scientifiche che ha fatto, sicuramente per le posizioni molto coraggiose che ha preso contro Lysenko: in realtà è diventato un martire in questo senso perché è stato ucciso proprio perché ha parlato contro Lysenko».

Eppure, come viene raccontato nel libro, c'è un momento cruciale nella storia di questo esperimento scientifico, ovvero l'apertura della scienza russa verso il mondo scientifico sancita dalla partecipazione alla Conferenza Internazionale di Etologia a Edimburgo nel 1971. Si tratta dell'inizio di un nuovo processo in cui certamente gli scienziati russi potevano conoscere i progressi della scienza fuori dai confini, ma anche, forse sorprendentemente, il contrario: «La conferenza di Edimburgo è stata assolutamente determinante. Belajev era lì: fu un incontro importante perché, sebbene Belajev avesse iniziato a uscire dall'Unione Sovietica per parlare delle sue ricerche, questa fu davvero il primo di questi incontri, una delle prime volte in cui ne parlò a un pubblico internazionale e la gente cominciò subito a capire l'importanza di questo esperimento. Nel corso degli anni Belajev e poi Trut avrebbero parlato di questo lavoro in molti luoghi del mondo, ma per molti versi la conferenza del 1971 fu l'inizio di tutto».

 

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Leggendo il libro sorprende il racconto della natura della mente e del pensiero di Beljaev che, come racconta Lee Alan Dugatkin, era un «uomo straordinario» per molti motivi: figlio di un sacerdote, ma fratello di un abile genetista che gli trasmise la passione per la scienza (e che cadde proprio a seguito della persecuzione di Lysenko), Beljaev «salì in poco tempo agli onori della cronaca per il suo estremo coraggio e per essere stato ferito in guerra, fatto che gli fruttò importanti decorazioni militari: successivamente ottenne un posto da scienziato in un istituto di ricerca e non passò molto tempo prima che gli venisse data la possibilità di diventare direttore dell'istituto più importante della sua città e poi di Novosibirsk, in Siberia». Fu lì che ideò il suo esperimento di addomesticamento della volpe descrivendo «il modo in cui era possibile che le volpi venissero addomesticate alla stregua di altri animali domestici».

Dugatkin ricorda poi come si racconti che «Beljaev avesse un grande potere di fascinazione sulle persone e molte di quelle che ho intervistato infatti mi hanno detto che non si poteva guardarlo negli occhi senza dirgli la verità». Sembra il perfetto personaggio da romanzo russo, un uomo consapevole del suo avvenire e deciso a portare avanti a ogni costo la sua ricerca, scegliendo anche di correre dei rischi pur di seguitare in ciò che lo interessava. Una delle domande da cui muove l'esperimento è quindi relativa a come gli animali selvatici, inizialmente diffidenti nei confronti dell'uomo, siano divenuti abbastanza docili da essere allevati: Beljaev in prima battuta e poi Trut avevano capito che le volpi potevano dare risposte interessanti a questo interrogativo e hanno così deciso di sfruttare la possibilità di osservare come funzionino le emozioni degli animali anche considerando la comparsa precoce di comportamenti che le rendevano così tenere.

La volpe, riassume Dugatkin, «ha mostrato, generazione dopo generazione e in tempi relativamente brevi, che non solo l'idea di Beljaev si era rivelata proprio come lui l'aveva ipotizzata, cioè il fatto che se si scelgono animali comuni o amichevoli per la riproduzione questi saranno sempre più amichevoli, ma anche che tutto ciò che Beljaev aveva previsto fin dall'inizio si era rivelato esatto, con dati così scontati che Belajev aveva previsto il giorno in cui si sarebbero ottenute le orecchie flosce, le code arricciate e pattern di pellicce molto particolari, tipici degli animali addomesticati». L'esperimento dava riscontro non solo dal punto di vista esteriore, ma era stato anche in grado di produrre animali con bassi livelli di stress, sempre giovanili anche quando erano adulti, ancora una volta ipotesi che Belajev aveva già formulato.

 

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Impressiona nel racconto che Dugatkin e Trut hanno scritto anche l'apporto, fondamentale, che la popolazione siberiana dei dintorni di Novosibirsk ha dato agli scienziati per lo svolgimento e la prosecuzione dell'esperimento. Nel libro infatti viene raccontato come negli allevamenti di volpi la gente del luogo, gli addetti alla cura delle volpi, persone spesso molto povere, dava tutto per una cosa che, probabilmente, non capiva fino in fondo. Viene per esempio riportata la storia di Fea, una donna che faticava ad arrivare alla fine del mese e che dava buona parte della sua colazione alle volpi con le quali aveva un profondo legame affettivo, un'immagine che dà bene l'idea di come si fosse creata, attorno alle volpi, una vera e propria comunità unita da un obiettivo condiviso.

Una volpe

Una volpe | Bart vanDorp / Flickr

«In effetti – ha confermato Dugatkin – la popolazione locale è stata estremamente importante per questo esperimento, perché erano loro, che andavano ben oltre il loro dovere, a dare da mangiare alle centinaia di volpi presenti, a tenerle d'occhio e ad assicurarsi che fossero sempre in salute». La direttrice dell'esperimento Ljudmila Trut, ricorda Dugatkin, «pagava queste persone quanto poteva permettersi, e non erano molti soldi: queste persone erano di solito povere e provenivano dai villaggi locali e se questo per loro era un buon lavoro, certamente facevano anche molte cose che non venivano richieste. Per esempio a volte andavano agli allevamenti anche alle due del mattino se gli veniva chiesto di farlo, anche se ovviamente erano libere di dire di no. Sapendo che era per la scienza, e anche se era per qualcosa che non comprendevano del tutto, avrebbero fatto qualsiasi cosa».

 

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Riguardo proprio all'esperienza di Ljudmila Trut, nel libro viene descritto come a un certo punto all'importanza dei dati si aggiunge la necessità di portare le volpi a vivere in contesti diversi e così Trut decide, nel 1974, di portare a casa una volpe, Pusinka, letteralmente «piccola palla di pelo», e di vivere con lei e i suoi figli, una decisione che ha anche dato un impulso ulteriore alla ricerca. «Il valore delle azioni e dello studio di Trut è stato fondamentale e il suo rapporto con Pusinka è assolutamente affascinante.

Trut andò a vivere in una piccola casa con i suoi figli e con questa piccola volpe, che era incinta, e poi insieme anche ai suoi cuccioli. Era anche una scelta delicata perché l'intero team di ricerca doveva evitare il rischio di confondere lo stato genetico delle volpi attraverso una vicinanza eccessiva agli uomini». Trut, prosegue Dugatkin, «voleva davvero vedere se le volpi erano arrivate al punto di poter vivere con loro ed è per questo che si è trasferita in casa con Pusinka, periodo su cui ci sono molte storie affascinanti circa le loro interazioni. In sostanza Ljudmila e Pusinka sarebbero state come un umano e il suo cane, facevano tutte le cose che si possono fare con il proprio cane, tenendo presente che quando gli esseri umani interagiscono con i cani, i cani imparano cose dagli esseri umani e così accadeva con le volpi».

Il quadro idilliaco della vita sotto lo stesso tetto di Trut e Pusinka è però destinato a interrompersi tragicamente: nel libro c'è infatti una violenta irruzione della violenza dell'uomo nella pace del regno protetto delle volpi, quando alcuni malviventi entrano nella casa dove vivono Pusinka e altri esemplari che vengono uccisi per venderne la pelliccia. Questo breve passaggio del libro illustra bene il disordine che l'uomo può portare, ed effettivamente porta, all'interno del mondo naturale, ma fa emergere con ancora più forza, e per contrasto, anche l'amore degli uomini verso gli animali. «La storia di Pusinka in effetti – aggiunge Dugatkin – si conclude in modo molto triste, nel senso che un giorno, quando Ljudmila era fuori dalla piccola casa in cui viveva con Pusinka, qualcuno, più probabilmente un paio di persone, si introdussero nella loro casa per prenderne la pelliccia, che può essere venduta per molti soldi.

Così quando Ljudmila tornò a casa, vide subito del sangue sui muri: queste persone avevano ucciso Pusinka e alcuni dei suoi figli, i suoi bambini. Solo uno di loro era sopravvissuto, ma Ljudmila era assolutamente devastata. Aveva imparato ad amare Pusinka e l'idea che delle persone fossero venute a ucciderla solo per la sua pelliccia è stata incredibilmente difficile da digerire. Ha pianto quando è successo e 14 anni dopo l'accaduto piange ancora quando racconta questa storia, che mostra sicuramente come le persone possano essere incredibilmente crudeli, ma allo stesso tempo mostra anche il tipo di legame che può formarsi tra una persona e l'animale con cui vive: il legame che si era creato tra Ljudmila e Pusinka era speciale».

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Russia - 1952-2022
Pensiero
Lee Alan Dugatkin

storico dela scienza e biologo americano, è professore alla University of Louisville. Insieme a Ljudmila Trut, genetista ed etologa russa, ha scritto "Come addomesticare una volpe".

Matteo Moca

(1990) scrive, tra gli altri, per Il Tascabile, Il Foglio e Il Riformista. Il suo ultimo libro è Figure del surrealismo italiano. Savinio, Delfini, Landolfi (Carabba).

Pubblicato:
30-05-2022
Ultima modifica:
30-05-2022
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