Prima un uomo - Singola | Storie di scenari e orizzonti
Barry Lopez al Vancouver Writers Festival, 2019
Barry Lopez al Vancouver Writers Festival, 2019 | Copyright: Roaming-the-planet / Flickr

Prima un uomo

Davide Sapienza è stato tra i primi in Italia a tradurre Barry Lopez. Con lui ripercorriamo la vita e le opere di uno scrittore ancora troppo poco conosciuto.

Barry Lopez al Vancouver Writers Festival, 2019 | Copyright: Roaming-the-planet / Flickr
Intervista a Davide Sapienza
di Andrea Cafarella
Davide Sapienza

è scrittore, giornalista, traduttore. Ha pubblicato I Diari di Rubha Hunish (2004), La musica della neve, Camminando, Il Geopoeta, Avventure nelle terre della percezione, La valle nel virus (con Gessica Costanzo). Dal 2012 fa parte dell’officina culturale ALPES di Milano.

Andrea Cafarella

collabora abitualmente con «Cattedrale», «Altri Animali», «L’Indiscreto», «Kobo», «Singola» e «Stanza 251» dove scrive critica letteraria e filosofia. Un suo testo è entrato a far parte della raccolta Piccola Antologia della peste (Ronzani, 2020), curata da Francesco Permunian, con illustrazioni di Roberto Abbiati. Ha curato l’introduzione a Controcielo di René Daumal (Edizioni Tlon, 2020). Il suo ultimo lavoro è il saggio Il simbolo tace. Il dio fanciullo e l’accordo supremo (DITO publishing, 2021).

«LLa stampa italiana, lo sappiamo, tende sempre a magnificare la grandezza di chi se ne è appena andato», scriveva Tiziano Fratus nelle pagine de il manifesto del passato 29 luglio, in un lungo articolo su Barry Lopez, morto la notte di Natale del 2020. Siamo senza dubbio d’accordo che frasi iperboliche e ridondanti servano a ben poco, eppure, in questo caso è sicuramente una fortuna che il nostro giornalismo culturale abbia questa strana macabra tendenza. 

Sogni artici, forse il libro più celebre di Barry Lopez, è al momento pressoché introvabile in lingua italiana, se non nell’edizione, ormai fuori catalogo, del 2006 (Dalai editore). Così come la raccolta di racconti Resistance (Dalai editore, 2007). Fortunatamente sono ancora disponibili: Lupi e uomini (Piemme, 2019), altro suo libro iconico, Lettere dal Paradiso e altre storie (Neri Pozza, 2002) e finalmente è stato tradotto (da Sara Reggiani per Edizioni Black Coffee, 2021) Attraverso spazi aperti, una raccolta di saggi e reportage d’autore che rendono l’idea esatta della “grandezza” di questo autore ingiustamente misconosciuto in Italia. Tramite un encomiabile lavoro di curatela editoriale, finalmente ci viene restituita quella che forse è l’eredità più importante della letteratura di Barry Lopez, la sua produzione saggistica. Il motivo per il quale la tendenza della stampa italiana di cui sopra – dalla quale profondamente ci vorremmo allontanare – in questo caso è una fortuna, è che potrebbe rimediare quantomeno a un torto, o meglio a una miopia che l’editoria italiana ha spesso dimostrato nei confronti di scrittori imprescindibili e troppo spesso ignorati da una macchina commerciale, forse troppo veloce o semplicemente disattenta e maldestra.

Prima di Attraverso spazi aperti – cui speriamo seguirà la pubblicazione di altre opere di Lopez –, c’è stato un altro studioso che si è sempre interessato a questo personaggio unico. Davide Sapienza, traduttore e curatore di Resistance (e autore della fotografia che appare nella copertina italiana), di Una geografia profonda. Scritti sulla terra e l’immaginazione (Galaad edizioni, 2014), l’unica altra raccolta di saggi disponibile in italiano, di Frammenti di cielo, un breve ma sconvolgente memoir “confessione” (disponibile in ebook qui), e di questo breve saggio: «Il richiamo. L’intimità fisica dei luoghi», uscito su Limina poco dopo la dipartita di Barry Lopez con un’appassionata introduzione, sempre di Davide Sapienza. Quando l’ho chiamato per avere informazioni, mi ha caldamente consigliato di leggere proprio questo testo, «per capire Barry», mi ha detto. Pertanto è a questo frammento, dalla potenza ineludibile, che vi rimando, prima o dopo aver letto la conversazione che ho condotto con Sapienza, amico, curatore, traduttore di Barry Lopez, e autore egli stesso, giornalista musicale, grande camminatore e uno dei pochissimi, in Italia, che – quando ancora argomenti di stampo ecologista o “paesaggistico” non erano di moda nel nostro paese – ha saputo raccogliere l’eredità di Barry Lopez e farla propria, riversandola in libri preziosi come La musica della neve. Piccole variazioni sulla materia bianca (Ediciclo, 2011), Camminando (Feltrinelli, 2015) e il più recente Il geopoeta. Avventure nelle terre della percezione (Bolis, 2019). 

Andrea Cafarella - Attraverso tutto il lavoro che hai compiuto sui testi di Barry Lopez, dialogando con l’autore stesso, sei diventato un amico e anche un “allievo” – in un certo senso – di Barry Lopez. Mi sembra sensato cominciare chiedendoti: chi era Barry Lopez? Raccontaci un po’ di lui, non solo come lo scrittore che è stato ma anche per l’uomo che era e per come lo ricordi tu stesso.

Davide Sapienza - Credo che Barry Lopez sia stato prima di tutto un uomo. Un uomo che, come abbiamo scoperto una decina di anni fa, durante l’infanzia, per molti anni, subì violenze sessuali inaudite dal compagno della madre (lo racconta in Frammenti di cielo), nell’età infantile fino alla preadolescenza. Quando mi anticipò quello che stava per rivelare, improvvisamente pensai che forse quella sua capacità di fermarsi su ogni piccolo dettaglio e introiettarlo, facoltà che aveva dovuto sviluppare come autodifesa in quegli anni, si era trasformata nel grande talento capace di connettere tutto ciò che vediamo con tutto quello che percepiamo. Barry la persona, durante le conversazioni, nelle lettere e nell’unico incontro avvenuto a casa sua in Oregon nel 2007, non era una cosa altra rispetto ai suoi scritti, ai suoi libri, alle sue interviste e alle sue conferenze. Era una di quelle rare figure complete, che aveva compiuto un grande percorso di consapevolezza e che nel rapporto con la natura di cui tutti siamo parte e figli, sapeva trovare gli stimoli per porre delle domande e suggerire alcune risposte a qualsiasi tipo di questione anche sociale e politica. Non si deve pensare a un intellettuale avulso dalla realtà: al contrario, Barry aveva stabilito una rete di relazioni in tutto il mondo, di amicizie e di scambi con altre persone del mondo culturale che lui vedeva come una possibilità di riconciliare le differenze e guardare verso l’orizzonte sempre a partire dal rapporto con la Terra. Come scrittore è stato unico. Irripetibile. Ogni suo libro è il frutto di anni di viaggi, lavoro raffinato, ripensamenti, pazienti attese. E ogni volta spostava in là l’asticella per tutti noi, richiedendo per forza agli altri lo sforzo di ricordarsi sempre che ogni parola conta. 


AC -
Quando e come lo hai conosciuto? E come si è sviluppato il vostro rapporto negli anni?

DS - Ho conosciuto Barry scrivendogli una lettera dopo avere letto Arctic Dreams (Sogni Artici), nel 1995. Un libro folgorante. Stavo per iniziare a scrivere il mio primo libro di narrativa, appunti di viaggio e riflessioni sul rapporto con il territorio, la Madre Terra, le cose che avevo assorbito dal mio lavoro con poeti nativi americani come Lance Henson e John Trudell. Lavoravo come giornalista musicale, autore di libri rock, viaggiavo molto e in quegli anni avevo assorbito la lezione di Bruce Chatwin, sull’idea del camminare, dell’alternativa nomade. Due autori molto differenti che, dopotutto, dicono cose anche convergenti: per esempio che solo conoscendo il mondo possiamo conoscere davvero noi stessi.

AC - Sei stato tra i primi a tradurre Barry Lopez in italiano e di sicuro la persona che più si è occupata della sua opera e della sua diffusione in Italia. Quali ostacoli hai incontrato? Ma soprattutto quale è stata la risposta degli editori, prima, e dei lettori italiani; e come è cambiata con il passare del tempo?

DS - Non sono stato il primo a tradurlo. Esistevano già due libri (in particolare l’ottima traduzione di Arctic Dreams) prima che io traducessi ResistanceUna Geografia Profonda e altre cose. È vero però che da quando ci conoscemmo, ho iniziato un’opera di diffusione del suo lavoro (interviste, articoli) che credo abbiano dato dei buoni frutti. Barry ne era molto orgoglioso, non mancava mai di esprimere la sua gratitudine. Adesso l’uscita di Attraverso Spazi Aperti può dare grande impulso alla diffusione del suo lavoro che è stato pioneristico e che per scrittori come me, aveva significato seguire percorsi molto solitari, per portare un certo tipo di discorso nell’editoria italiana. Lopez per ora è ancora un autore di culto e probabilmente non sarà mai per le masse: la sua scrittura è unica e densa, molto difficile anche da tradurre, comprendi come ogni parola sia scelta con una cura incredibile, come egli riesca a scrivere ciò che sembrerebbe impossibile rendere sulla pagina. 


AC -
Entriamo più nel vivo della letteratura di Barry Lopez e della parte della sua produzione che m’interessa di più – forse anche la più interessante – quella che riguarda il rapporto tra «cultura e paesaggio», quella dei reportage e dei saggi. Nella prefazione di Attraverso spazi aperti, il poeta laureato Robert L. Hass definisce l’approccio di Barry Lopez con questa frase emblematica: «prima viene lo stupore e poi la scienza». In un momento nel quale, invece, mi sembra che la tendenza sia spesso diametralmente opposta, come pensi abbia influito e possa influire in futuro questa attitudine così specifica e particolarmente riuscita nei testi di Lopez?

DS - Hass riassume meravigliosamente tutto ciò che Lopez rappresenta e che anche noi altri proviamo a fare, nel mio caso, da oltre quindici anni, con la pratica geopoetica in cammino insieme a tante persone che vogliono “stupore, oltre la scienza”. Aggiungerei, meno analisi e più istinto, intuizione, percezione, fiducia nei nostri sensi. È ciò che vedo apparire, a intermittenza in tanti testi divulgativi di scienziati che ormai sono star dell’editoria. Dico “inizio”, perché devo ancora vedere una maggiore inclinazione alla pratica sul campo: al camminare, all’esplorare, all’uscire dalla teoria, per quanto importante, e partire dalla pratica, per arrivare a quella che io chiamo, ne Il Geopoeta, “la fotosintesi cerebrale”. Lo stupore e la meraviglia di Lopez, sono le emozioni come motore e nutriente del pensiero. L’analisi può arrivare dopo. Basta leggere uno dei suoi testi più emblematici, The Invitation (che tradussi cinque anni fa come Il Richiamo), per capire di cosa parliamo e, per me, di ciò che mi ha fatto capire, grazie a lui, che anche quello che facevo io poteva avere gambe per camminare.  

AC - Un’altra cosa che colpisce nelle pagine dei libri di Lopez è la sconvolgente attualità dei suoi ragionamenti. Nel testo conclusivo di Attraverso spazi aperti, dal titolo memorabile e quasi sapienziale, «La saggezza degli uccelli», scrive per esempio che gli animali ci infondono un «desiderio di imitazione», «sono loro a rivelarci il senso dell’Altro: imbattersi in un animale selvatico, libero nel suo ambiente, è la sconfitta del pensiero razionale, il rovesciamento della ragione». Queste parole risuoneranno perfettamente nelle orecchie di tutti i deleuziani dell’ultima ora che in questi anni hanno letto Donna Haraway, Eduardo Viveiros De Castro, Baptiste Morizot, eccetera eccetera eccetera. E allora forse il dibattito contemporaneo ha bisogno della letteratura di Barry Lopez, mi viene da pensare. In che modo credi che il suo pensiero possa pesare e incidere sui discorsi che coinvolgono questi tempi strani e interessanti che stiamo attraversando?

DS - L’idea dell’altro è fortemente incisa nella storia della letteratura nordamericana, il doppelgänger, il riflesso, che viene dal mondo naturale: Barry ci fa capire che ne siamo parte, perché ha mutuato questo sapere dalle culture indigene, che lui conosceva e frequentava. Per questo non ci viene difficile pensare di avere una “conversazione” con l’acqua, o appunto, un uccello, o un albero, o un fiume. È una conversazione fatta di un linguaggio impossibile da traslare in parole, anche se lui spesso ci riesce e provarci è il nostro compito. Riguardo al dibattito culturale, è ancora dominato dalla visione positivista, razionalista, totalmente poggiato sulla ossessiva ricerca della conferma scientifica a cose che la scienza, per fortuna, dimostra e spiega, ma che per noi scrittori di un certo tipo, nascono dalla poesia, della geografia e da quelle cose che sono scienza innata da millenni. Altrimenti, chiediamoci, come avremmo potuto arrivare al terzo millennio se i primitivi erano così primitivi, in senso negativo? Inoltre, questi discorsi – parlo per esperienza personale, visto il mio lavoro giornalistico – entrano lentamente nella cultura. Prima non ci sono e poi, grazie a chi ci lavora con pazienza e senza cercare a tutti i costi un riconoscimento, improvvisamente ecco che ci sono. Ho la fortuna di poterlo vedere e toccare con mano, incontrando centinaia di persone ogni anno durante i cammini di pratica geopoetica: la consapevolezza cresce, ci si accorge che esistono da secoli anche testi che erano già questa cosa, libri e opere anche di scienziati (penso ad Alexander Von Humboldt) o uomini e letterati di grande caratura come Goethe, Thoreau, Emerson, Chatwin.

AC - Parlando al telefono abbiamo accennato all’idea di tradurre Horizon, il libro-testamento di Barry Lopez. Un libro cui lavorò per oltre trent’anni e che diede alle stampe l’anno prima di lasciarci. Quali sono i suoi libri che andrebbero tradotti, secondo te, e per quale motivo? E cosa ti auguri per l’avvenire della sua opera?

DS - Horizon è effettivamente l’unico volume che manca della grande trilogia, Uomini e LupiSogni Artici e, appunto, Horizon. Adesso è fondamentale tradurre quello, dopodiché About This Life, che raccoglieva, come Attraverso Spazi Aperti, saggi notevolissimi (alcuni dei quali abbiamo inserito in Una Geografia Profonda, unica antologia esistente concordata con lui non in lingua inglese) e poi i saggi sparsi che ha pubblicato negli anni.


AC -
Nella breve introduzione a «Il richiamo» scrivi che Lopez «sapeva che il suo importante ruolo culturale poteva e doveva lasciare un segno utile e non a caso di sé diceva “voglio vivere una vita che sia stata utile”». Allora ti chiedo: cosa ti e ci ha lasciato Barry Lopez? Come potremmo raccogliere il suo insegnamento, il suo dono?

DS - Mi ha lasciato questo. Ricordo quando mi scrisse per dirmi che era malato, quasi dieci anni fa. Lo fece in modo asciutto, fu certamente una botta, ma scrisse subito nella frase seguente: «ora più che mai ho bisogno che gli amici e i colleghi come te continuino a fare con integrità quello che stiamo cercando di fare». Niente di più, niente di meno. Essere utili. Magari facendolo attraverso la voce della Terra e dei grandi valori universali che rendono unico lo spirito umano, con la sua capacità di attivare la creatività anche per progredire verso un mondo più giusto e di conseguenza, dove il rispetto per la Terra venga percepito come sacro: fare male alla Madre Terra, è in definitiva fare male a noi stessi. Serve un grande risveglio e lui lo sapeva.

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Italia - 2021
Pensiero
Davide Sapienza

è scrittore, giornalista, traduttore. Ha pubblicato I Diari di Rubha Hunish (2004), La musica della neve, Camminando, Il Geopoeta, Avventure nelle terre della percezione, La valle nel virus (con Gessica Costanzo). Dal 2012 fa parte dell’officina culturale ALPES di Milano.

Andrea Cafarella

collabora abitualmente con «Cattedrale», «Altri Animali», «L’Indiscreto», «Kobo», «Singola» e «Stanza 251» dove scrive critica letteraria e filosofia. Un suo testo è entrato a far parte della raccolta Piccola Antologia della peste (Ronzani, 2020), curata da Francesco Permunian, con illustrazioni di Roberto Abbiati. Ha curato l’introduzione a Controcielo di René Daumal (Edizioni Tlon, 2020). Il suo ultimo lavoro è il saggio Il simbolo tace. Il dio fanciullo e l’accordo supremo (DITO publishing, 2021).

Pubblicato:
15-11-2021
Ultima modifica:
14-11-2021
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