Per un pensiero che attraversi il disastro. Recensione a Chernobyl Herbarium. - Singola | Storie di scenari e orizzonti
Immagine tratta dal libro
Immagine tratta dal libro | Copyright: Anaïs Tondeur

Per un pensiero che attraversi il disastro. Recensione a Chernobyl Herbarium.

Scritto dal filosofo Michael Marder, Chernobyl herbarium. La vita dopo il disastro nucleare è una raccolta di frammenti che, in dialogo con le immagini create dell'artista Anaïs Tondeur con la tecnica del fotogramma, riflette sul rapporto tra uomo e natura alla luce del disastro nucleare.

Immagine tratta dal libro | Copyright: Anaïs Tondeur
Flavio Pintarelli

collabora con diverse riviste e ha pubblicato saggi e raccolte di racconti. Si interessa di urbanistica, architettura, con una passione per gli archivi e i sistemi di classificazione.

Il 26 aprile del 1986, quando per una serie di errori umani e difetti di progettazione il quarto reattore della centrale nucleare di Chernobyl esplose, rilasciando nell’atmosfera enormi quantità di materiale radioattivo, avevo compiuto tre anni da pochi giorni e di quell’evento conservo solo il ricordo di un ricordo. Si tratta della gioia con cui un mio compagno delle medie amava raccontare che, nei mesi successivi all’esplosione e per un lungo periodo, gli fu vietato di mangiare lattuga, verdura che lui odiava, a causa del pericolo di contaminazione. Per la prima volta nelle nostre vite eravamo stati esposti a una minaccia di cui non era possibile cogliere alcun segno: le radiazioni erano intorno a noi, eppure era impossibile osservarle. Esse potevano essere colte solo in modo indiretto, grazie alla lettura effettuata con appositi strumenti. Noi, millennial nati agli albori degli anni ‘80, sperimentavamo così una dimensione del pericolo totalmente nuova e inedita, ignari del fatto che quella dimensione sarebbe ben presto diventata una costante nelle nostre vite.

A riattivare questo ricordo nella mia memoria è stata senza dubbio la recente lettura di Chernobyl Herbarium. La vita dopo il disastro nucleare (Mimesis, 2021), affascinante dialogo tra il filosofo ambientale Michael Marder e l’artista visiva Anaïs Tondeur. All’interno del libro, ai frammenti scritti dal primo, si alternano le immagini create dalla seconda. Si tratta di una serie di fotogrammi o, per essere più precisi, di rayogrammi. Il rayogramma è una tecnica sviluppata negli anni ‘30 dall’artista dadaista e surrealista Man Ray il quale, nel dizionario del surrealismo, la definisce come una “fotografia ottenuta per semplice interposizione dell'oggetto fra la carta sensibile e la fonte luminosa”. Nascono così, prosegue Man Ray, immagini che "colte nei momenti di distacco visivo, durante periodi di contatto emozionale, sono ossidazioni di desideri fissati dalla luce e dalla chimica, organismi viventi”.

Quelli creati da Tondeur raffigurano le piante che crescono all’interno della zona di esclusione di Chernobyl, ovvero la porzione di territorio maggiormente contaminata dalla ricaduta radioattiva e compreso nel raggio di 30 chilometri dal sito della centrale nucleare. Dalla mia memoria al libro e viceversa, è l’elemento vegetale a ritornare come una sorta di spettro dell’evento. Esso lo registra e lo assorbe, fino a diventarne il segno concreto, quello con cui possiamo entrare in contatto diretto e renderci conto della sua influenza sulle nostre vite. 

Immagine tratta dal libro

Immagine tratta dal libro | Anaïs Tondeur

Scrive Mader a proposito di queste immagini che “la grammé di un fotogramma si impone da vicino. Toccando … resiste: impressa, incisa, inscritta, l’energia che ha trasportato viene insieme riflessa (o rifratta) e assorbita. Proprio come le radiazioni, assorbite indifferentemente da tutto e tutti sul loro cammino - suolo, edifici, piante, animali, uomini -, e tuttavia impossibili da contenere in una qualsiasi entità singola il cui arco temporale inevitabilmente travalicano. Grazie alla sua pratica estetica, Tondeur fa detonare e dunque rilascia le esplosioni di luce intrappolate nelle piante, le cui linee disperse attraversano i fotogrammi in ogni direzione. Libera tracce luminescenti senza violenza, schivando la reiterazione del primo evento invisibile di Chernobyl e, allo stesso tempo, catturandone frammenti. Liberazione e preservazione; preservazione, memoria, e liberazione: per grazia dell’arte”.

La scrittura congiunta di Tondeur e Mader - allo stesso tempo scrittura del visibile (le immagini) e dell’invisibile (il testo) - convoca dunque le piante, l'elemento vegetale che ci circonda, come un interlocutore che si (im)pone sullo stesso piano dell’uomo nel rivendicare i suoi diritti di fronte al disastro. Dice infatti Mader che “a posteriori, si scopre che io, come gli animali e altri esseri umani, come le piante e il suolo, ho ricevuto enormi quantità di radiazioni, io come tutti in maniera egualmente inconsapevole. Ero, come tanti ad Anapa e, più a nord-ovest, a Kiev e Minsk, una sorta di pianta o, per ricorrere a una metafora animalesca, una preda facile. A cosa è servita la nostra esposizione? Ha preparato il terreno a una solidarietà trans-umana? Il suo denominatore comune era la fisicità stessa, il semplice fatto di avere un’estensione fisica, aperta a tutto, incluse le radiazioni. Quest’apertura esprimeva la nostra vulnerabilità insondabile, la nostra capacità di difenderci da una minaccia sconosciuta e impercettibile ai sensi. Siamo ineluttabilmente impotenti e passivi di fronte alla radioattività”.

Nella sua impossibilità di essere conosciuta e percepita se non tramite i suoi effetti, che appaiono comunque casuali e disseminati; nel suo rendere passivi e impotenti i soggetti e gli oggetti con cui entra in contatto, circondandoli e contaminandoli senza che a essi sia data la possibilità di accorgersi della sua presenza, la radioattività agisce e si comporta come un seguendo gli stessi criteri che definiscono il concetto di iperoggetto coniato dal filosofo americano Timothy Morton. Essa infatti è illocalizzabile, viscosa e la sua dimensione temporale si allunga a dismisura nel tempo. È proprio per questo motivo che possiamo spingerci a considerare la radioattività rilasciata dall’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl come il primo (?) iperoggetto di cui l’umanità ha avuto una consapevolezza diretta e traumatica. Di fronte a questa possibilità dovremmo dunque domandarci, così come fanno Mader e Tondeur nel loro libro, cosa può insegnarci Chernobyl sull’esperienza di vivere a contatto con un iperoggetto. È una domanda ineludibile questa, pressante e vitale, oggi che sempre più evidenti si fanno per tutta l’umanità i segni del riscaldamento globale, un iperoggetto la cui magnitudo appare di molte misure maggiore rispetto a quella, seppure impressionante, dell'esplosione della centrale nucleare di Chernobyl e della dispersione di materiale radioattivo che ne seguì.

Si può iniziare a rispondere delinenando la dimensione del disastro la cui dimensione, all’interno dell’iperoggetto, cessa di essere localizzata e temporalmente determinata, per farsi invece cosmica e prolungata nel futuro. “Le radiazioni” nota Mader a questo proposito “ hanno più vite dopo il loro decadimento, misurate per convenzione a partire dal tempo necessario alla metà degli atomi radioattivi per decadere in nuclei più stabili. Gli atomi residui saranno equamente divisi tra quelli la cui trasformazione richiederà la stessa quantità di tempo e altri la cui radioattività persisterà finché il ciclo successivo non li ridurrà della metà. E così via”. Il disastro non destinato a sparire dopo essersi manifestato, esso già si allunga nel nostro futuro, ipotecandolo e prospettando un ciclo di decadimento che potrà essere interrotto soltanto agendo ora sulle sue cause, in quanto esso è già in atto e da lungo tempo. E questo perché, prosegue ancora Mader, “ciò che è esploso a Chernobyl era più di un reattore nucleare. La sua vittima finale era il futuro dell’oikos umano in quello che chiamiamo, in sintesi, il nostro ambiente naturale: in mezzo agli elementi dell’aria e dell’acqua, della terra e del fuoco solare, con piante e animali, in prossimità di foreste e fiumi, come a Pryp’jat’, Chernobyl era sintomatica della perdita di un mondo in cui si poteva ancora respirare, vivere e semplicemente essere, una perdita che poteva essere improvvisa, innescata da un’esplosione, o graduale, come nel caso del cambiamento climatico globale. Se la coscienza pratica ci permette di muoverci senza sforzo nel nostro milieu fisico, allora il collasso dell’ambiente circostante porta necessariamente porta necessariamente alla detonazione della coscienza. Questo è il momento in cui il pensiero si mette in moto”.

Di fronte al divenire cosmico del disastro, la consapevolezza che sarà il mondo intero a essere annichilito dall’iperoggetto attiva la facoltà del pensiero, ma a quale pensiero sta facendo riferimento qui Mader? Che aspetto può avere un pensiero all’altezza della sfida che un disastro come quello di Chernobyl impone?

Quelle che i frammenti del filosofo delineano, per squarci e bagliori, tra le pagine di questo erbario, di questo catalogo ragionato di sopravvivenze spettrali che ci parlano da dentro la zona di esclusione, è un pensiero che scalza l’uomo dal suo piedistallo e lo obbliga a confrontarsi con la sua assoluta equivalenza a ogni altro elemento suscettibile di essere attraversato dalla radiazione, di essere avvolto dall'abbraccio vischioso e invisibile dell’iperoggetto. Per sopravvivere c’è bisogno di un pensiero che scalzi il privilegio antropocentrico e restituisca all’uomo l’umiltà necessaria per riconoscere il dolore di ogni essere vivente e da essi imparare strategie utili ad attraversare il tempo e lo spazio del disastro, così come la vegetazione della zona di esclusione affronta, ciclo dopo ciclo, la radiazione non smettendo di assorbirla e trasformarla, con la speranza di traghettare la sua vita oltre il decadimento.   

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Europa - 1986-2021
Pensiero
Flavio Pintarelli

collabora con diverse riviste e ha pubblicato saggi e raccolte di racconti. Si interessa di urbanistica, architettura, con una passione per gli archivi e i sistemi di classificazione.

Pubblicato:
18-10-2021
Ultima modifica:
20-10-2021
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