Il flusso - Singola | Storie di scenari e orizzonti
Icona della app Tinder
Icona della app Tinder | Copyright: Ivan Radic / Flickr

Il flusso

Lo swipe di Tinder ha aperto le porte a un mondo di consumi, dipendenze e giochi sociali inediti. La storia è appena iniziata.

Icona della app Tinder | Copyright: Ivan Radic / Flickr
Elisabetta Molteni

giornalista, social media manager. Scrive soprattutto di dating online e del modo in cui la tecnologia impatta sulle relazioni tra le persone.

C'è un tentativo in atto da parte di alcuni servizi di dating online, che si potrebbe definire necessario: andare al di là di un sistema di gioco solipsistico, individuale, fine a se stesso, tarato sul modello delle slot machine, per ricondurre gli utenti all'interno di una dimensione ludica multi-sfaccettata e di scambio. Dalla gamification a un’esperienza di gioco virtuale come possibilità di connessione e interazione. Tinder, una tra le più conosciute e usate dating app, disponibile in 190 paesi, è pioniera di questa nuova fase di sviluppo che porta verso la costruzione di esperienze virtuali da condividere. Si tratta della stessa società che ha reso 'iconico' il sistema dello swipe per decidere, attraverso lo scorrimento del dito sullo schermo, se scartare (swipe left) o apprezzare (swipe right) il profilo di un utente.

Zoetanya Sujon, autrice e docente al London College of Communication, in The social media age [1] inserisce lo swiping all'interno dell'articolato meccanismo di gamification proposto dalle dating app.
L'interfaccia di Tinder invita e coinvolge gli utenti in una modalità di interazione giocosa basata su una rapida valutazione delle immagini e su un percorso di navigazione focalizzato su una sola azione, lo swipe. Facile comprendere come un’interfaccia così costruita aiuti le persone a connettersi sulla base dell'istinto piuttosto che di un accumularsi di pensieri e riflessioni o dell'analisi di un numero elevato di informazioni (che non ci sono). Lo ha ammesso lo stesso Sean Rad, cofondatore di Tinder e primo Ceo. Pensiero, analisi e riflessione sembrano essere banditi, o quanto meno poco graditi, all'interno dell'esperienza proposta da Tinder, caratterizzata da un flusso continuo di profili, apparentemente senza fine, e da un semplice invito tattile a continuare a scorrere. Il sistema dello swiping, che ha reso celebre Tinder, ha avuto fortuna ed è stato adottato anche da altri servizi di dating online, come Bumble o Facebook Dating, solo per fare qualche esempio.

Lo swiping veloce, frenetico, senza troppi pensieri rientra nella sfera dell'intrattenimento personale. Rapidità e superficialità nelle scelte, abbondanza e disponibilità di "esperienze amorose" rientrano, più in generale, tra le caratteristiche della società contemporanea, secondo il sociologo Zygmunt Bauman che in Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi già vent'anni fa scriveva:

«In uno scenario liquido-moderno le possibilità romantiche si susseguono a ritmo crescente e in quantità sempre copiosa, facendo a gara nel superarsi a vicenda e nel lanciare promesse di essere più soddisfacenti e appaganti».

Alla ricerca di possibili match sempre più soddisfacenti si continua a giocare, sfogliando e valutando il "catalogo" di profili proposti dai servizi di dating online, senza quasi collegare all'immagine e alle parole l’idea che possano rappresentare una persona nella sua complessità. Come è un gioco anche il farsi tentare dai servizi premium che permettono di moltiplicare ancor più le possibilità, valorizzando la presenza degli iscritti nelle ore di maggiore traffico o consentendo like infiniti. Il desiderio di approfondimento, di lentezza, di riflessione mal si accompagna, e anzi si scontra, con l'intero contesto di gioco, e di vita, creato all'interno delle app per il dating.

Allo stesso modo degli altri social network, le applicazioni di dating fanno leva su alcuni meccanismi psicologici per generare dipendenza e prolungare la permanenza degli utenti sulle piattaforme. Come? Trovare una nuova compatibilità, ricevere un nuovo messaggio, scoprire un nuovo profilo cui mettere un like producono piccole scariche di piacere nel nostro cervello. Alterazioni nei meccanismi di gestione di serotonina e dopamina ci spingono a reiterare le medesime azioni, alla ricerca di una ricompensa breve, imprevedibile, aleatoria. Come in altre dinamiche legate alla dipendenza, il focus è: non sapere se e quando si riceverà la ricompensa e di che natura sarà la gratificazione. Più si sta connessi, più si gioca, più aumentano le possibilità di ricevere un rinforzo positivo [2].

L'obiettivo è raggiunto. Nel 2020, secondo il report di Sensor Tower, Tinder ha confermato il proprio primato di app più redditizia tra quelle non gaming con entrate pari a 329,5 milioni di dollari. Un traguardo conquistato attraverso la vendita di spazi pubblicitari e di pacchetti premium o servizi aggiuntivi.

Andando più in profondità, le dating app come Tinder vivono un paradosso intrinseco, ben evidenziato da Giovanni Ciofalo, docente di Sociologia della comunicazione, Internet e social media studies a La Sapienza di Roma, nella prefazione al libro di Laura Tedeschi, Media digitali e applicazioni di incontro [3]:

«Ideate e progettate per l'on line, le dating app hanno come obiettivo, paradossalmente, quello di consentire l'abbandono, seppur momentaneo, proprio dell'on line. [...] queste applicazioni puntano a favorire e a realizzare incontri dal vivo tra i propri utenti. Eppure affinché in qualche modo possa avere luogo un effetto sull'off line, è la dimensione on line a dover essere prima di tutto abitata, potenziata, amplificata, arricchita».


Giochi in-app con la Tinder Swipe Night

Nella direzione di un potenziamento della dimensione on line sta andando Tinder, seguita da altre società, Bumble per prima: un'amplificazione e un arricchimento che passano attraverso il gioco, inteso questa volta come esperienza che allarga orizzonti e possibilità e riconnette alla relazione con le altre persone.

Un esempio su tutti, già operativo, è offerto dalla Tinder Swipe Night, una serie interattiva in-app, nominata lo scorso anno agli Emmy Award e giunta a novembre 2021 alla seconda stagione con "Killer Weekend". Lo scorso anno la prima esperienza social lanciata da Tinder aveva attirato oltre 20 milioni di membri, portando a un incremento di match del 26%. Un riscontro positivo che ha aperto la strada ad altre analoghe esperienze da far vivere sulla piattaforma.

Di cosa si tratta? Nel novembre di quest'anno la società di dating ha rilasciato tre nuovi episodi in tre successivi weekend con un filo conduttore comune. Mentre nel 2020 gli utenti si trovavano di fronte al possibile schianto di una cometa sulla terra e a un'incipiente fine del mondo, nel 2021 il contesto è quello di un party in una casa in campagna, con molti invitati, tra vecchi amici e nuovi conoscenti. Un party apparentemente leggero e frizzante durante il quale il festeggiato viene però trovato pugnalato. Un'esperienza immersiva partecipando alla quale ogni iscritto interpreta un personaggio ed è chiamato a compiere alcune scelte che determinano l'andamento della trama, alla ricerca di un possibile colpevole. Al termine di ciascun episodio Tinder propone di ipotizzare chi, tra i personaggi coinvolti, sia il responsabile del delitto e di discuterne poi con gli altri partecipanti.

Tinder punta sul genere crime, per il quale l'interesse pare essere elevato con un incremento del 20% delle citazioni nelle bio da inizio 2021, e sull'offrire nuovi spunti di interazione sulla base di un'esperienza comune. Prima di entrare in connessione, di digitare il primo messaggio, la dating app prova a far vivere ai propri utenti un'esperienza virtuale comune sulla quale avviare un confronto, una volta scattato il match. Ritorna il meccanismo del gioco individuale con un tentativo però di portarlo nella traiettoria di esperienza significativa che stimoli e valorizzi l'interazione, in una accezione, quindi, meno solipsistica e più sociale rispetto a quella prevista dall’esperienza di navigazione della piattaforma nel suo complesso. Ancora prima di essere seduti al tavolino di un bar, due persone hanno provato a individuare insieme, per lo meno nelle intenzioni degli ideatori, un assassino o una assassina tra una manciata di amici riuniti in una villa per una festa. Insomma, una sorta di gioco virtuale che porta i singoli partecipanti a vivere un'esperienza fuori dal proprio ordinario.

C'è una condizione, però, perché il gioco sortisca il proprio effetto, ovvero contribuisca a migliorare le connessioni e a gettare le basi perché una conversazione per iscritto possa avere qualche valore riconoscibile e peculiare: che le stesse persone coinvolte si vogliano mettere in discussione sia nella partecipazione all'esperienza che soprattutto nella volontà di condividerne impressioni e sensazioni. Elemento quest'ultimo non scontato.
Al di là delle tre settimane di rilascio degli episodi, l'esperienza della Swipe Night resta a disposizione nella nuova sezione interattiva Explore, dedicata alla ricerca più personalizzata dei profili sulla base di filoni di contenuti, stati d'animo e interessi: uno spazio dinamico e multidimensionale, che sarà costantemente arricchito con nuove esperienze sociali e interattive.
Che valore hanno queste esperienze? Esperienze come Swipe Night possono risultare positive sia per chi le vive che per chi le propone. Per gli utenti offrono ulteriori stimoli per mettersi in discussione, intavolare conversazioni, amplificare le connessioni. Per la società che li propone c'è il vantaggio di indurre gli utenti ad associare in modo più puntuale al proprio servizio un’esperienza di coinvolgimento e piacere, che porterà auspicabilmente a restare più tempo sulla piattaforma e a tornarci più volentieri per viverne altre.

La creazione di esperienze virtuali è un trend da tenere in alta considerazione, tanto più di questi tempi in cui, grazie a Meta, si fa tanto parlare di metaverso. Non solo Mark Zuckerberg ci sta pensando. Anche Tinder per prima, seguita a ruota da Bumble, ha dichiarato interesse per lanciarsi nella prospettiva del metaverso, offrendo agli utenti uno spazio virtuale e di realtà aumentata nel quale i rispettivi avatar possano agire e interagire, utilizzando monete digitali. Un orizzonte di business che promette di trasformare il modo in cui le persone si incontrano su una piattaforma di appuntamenti, rendendolo più vicino a quello in cui si conoscono nella vita fuori dall'app.

Diventerà una gabbia virtuale dalla quale risulterà difficile uscire? Una ulteriore chiave per amplificare i meccanismi di dipendenza (oltre agli introiti economici delle società)? Molti interrogativi restano aperti e molta attenzione andrà posta sui meccanismi psicologici innescati da queste esperienze. Certo che il paradosso evidenziato da Ciofalo ne risulterebbe amplificato. Se la vita in-app diventerà tanto più ricca di contenuto e significato, quando e quanto le persone manifesteranno il desiderio e la volontà di uscire da quella stessa app per un incontro face to face?

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Fonti

[1] Zoetanya Sujon, The social media age, SAGE Publications Ltd, 2021.

[2] Già uno studio del 2010 per "Society for the study of addiction" rilevava come il 4,4% degli adolescenti europei soffrisse di qualche forma di dipendenza nei confronti dei social o di internet in generale: https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/j.1360-0443.2012.03946.x.

[3] Laura Tedeschi, Media digitali e applicazioni di incontro, in riga edizioni, 2019.

Hai letto:  Il flusso
Globale - 2020-2022
Societá
Elisabetta Molteni

giornalista, social media manager. Scrive soprattutto di dating online e del modo in cui la tecnologia impatta sulle relazioni tra le persone.

Pubblicato:
27-01-2022
Ultima modifica:
26-01-2022
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