La scommessa collettiva: un’intervista psichedelica (I) - Singola | Storie di scenari e orizzonti
Hallucinogen, Black Swan
Hallucinogen, Black Swan | Copyright: Visionraymaker / Flickr

La scommessa collettiva: un’intervista psichedelica (I)

La rinnovata attenzione verso le sostanze psichedeliche, raccontate in un libro che raccoglie voci, idee ed esperienze.

Hallucinogen, Black Swan | Copyright: Visionraymaker / Flickr
Dario De Marco

(1975) è stato redattore del mensile Giudizio Universale e editor di Esquire. Scrive di letteratura e cibo per CheFare, Dissapore, Esquire, L’Indiscreto, L'Integrale, La Ricerca. Ha pubblicato il romanzo Non siamo mai abbastanza (66thand2nd) e la non fiction Mia figlia spiegata a mia figlia (LiberAria). Nel 2021 è uscito il libro di racconti Storie che si biforcano (Wojtek).

Il Rinascimento psichedelico è la rinnovata attenzione, politica e culturale, verso le sostanze psichedeliche e i loro effetti, dopo decenni di illegalità, oblio, clandestinità. Gli psichedelici vengono sperimentati con successo nella cura di patologie psichiatriche, autorizzati per cerimonie religiose, usati in dosaggi minimi dai creativi del settore tech. Si ristampano vecchi libri e se ne scrivono di nuovi: uno per tutti, Come cambiare la tua mente di Michael Pollan, uscito l’anno scorso e già diventato la Bibbia del settore. Il Rinascimento psichedelico è oggi, è qui.

La scommessa psichedelica è un libro uscito nel novembre 2020 per Quodlibet, curato da Federico di Vita, e firmato da un gruppo eterogeneo di giornalisti e scrittori e intellettuali, a vario titolo esperti della materia, che trattano la materia nei suoi vari aspetti. Non è solo un punto della situazione, ma il tentativo di fare un passo avanti, di indicare la strada, le strade. La scommessa psichedelica è il futuro.

Per dare conto della varietà, ma anche della profondità, invece di riassumere il libro in maniera didascalica, o di approfondire un argomento in maniera arbitraria, ho pensato di fare entrambe le cose. Ho sentito tutti gli autori: uno per volta, con una domanda ciascuno, preceduta da una breve sintesi dell’intervento. Ogni paragrafo è collegato al successivo, seguendo la logica sotterranea che si intravede - o che io ho creduto di vedere - nella disposizione dei saggi. A libro collettivo e psichedelico, intervista psichedelica e collettiva. Una piccola scommessa anche questa, un viaggio che non è breve, ma che è pieno di suoni e colori, come ogni viaggio dovrebbe.

 

0. Da Cosa a Come

Nella Premessa, Federico di Vita scrive di voler fare un passo in avanti rispetto alle trattazioni scritte finora, enciclopedia di Pollan compresa, e di non voler parlare del cosa ma del come.

Dario De Marco - In che senso? Posto che arrivati alla fine del libro forse si coglie il senso di questa dichiarazione d’intenti ambiziosa (e si giudica anche raggiunto il risultato, almeno per quanto mi riguarda), come lo spiegheremmo a chi ancora deve leggerlo?

Federico Di Vita - È vero, questa è una di quelle cose che si capisce alla fine del libro. Mi è anche venuto in mente che tale modo di ragionare per campi lunghi, che si rivela nell’insieme di tutta un’opera, l’avevo già usato in un testo che parlava di piccola e media editoria (Pazzi scatenati), dove in ogni capitolo affrontavo un aspetto diverso della filiera libraria. Lì, osservando da vicino i protagonisti di ogni segmento – ossia gli editori, i librai, i promotori e i distributori – li avresti trovati alle prese con le loro beghe peculiari, senza accorgerti che, ampliando l’orizzonte, si andava delineando il mostruoso gonfiarsi di un sistema che è costitutivamente una bolla economica. Pazzesco come sia andato fuori tema già alla prima domanda, però, ecco, secondo me succede qualcosa di simile anche in questo libro, sebbene qui l’idea iniziale fosse così vasta da imporre il multiautore (non avrei potuto andare a fondo di ciascun ambito così bene da solo, e l’essere in tanti – e pure con idee diverse – in questo caso costituisce di per sé un significato, anche politico). Pure in questo volume infatti osservare come la psichedelia lavori in profondità in una sola delle sfere trattate nei diversi saggi – e vedere dunque come agisce in campo farmaceutico, in letteratura, nei festival di musica elettronica, in politica, nella Internet art e via dicendo – non direbbe nulla di quanto capita in contesti radicalmente diversi. Ma leggendo più interventi si capisce subito come il potenziale trasformativo sia pervasivo, rendendolo evidente.

Sciamano del rito dell'ayahuasca, Peru, 2014.

Sciamano del rito dell'ayahuasca, Peru, 2014. | Swiatoslaw Wojtkowiak / Flickr


1. Da Come a Storia

Il primo saggio, Breve storia universale della psichedelia, è firmato dal curatore stesso, ed è una sorta di introduzione, parla di riti ancestrali e luoghi lontani, poi dalla preistoria passa al periodo classico della psichedelia, attraversa il medioevo e illustra la situazione attuale, il fervore della ricerca e le nuove strade che si aprono. Un recap molto bello e completo, storico e geografico, orizzontale e verticale. Io che sono fissato con i ricorsi e le analogie, ho intravisto un certo parallelismo tra l’epoca classica e quella rinascimentale: nel ‘900 si è partiti con un approccio medico scientifico (Hoffman era un chimico farmaceutico della Sandoz), è seguita una fase di diffusione all’interno di un’élite, con approccio top-down (Al Hubbard, Aldous Huxley ecc.), si è arrivati alla democratizzazione che ha portato alla nascita della controcultura (Leary, Ram Dass e tutti). Anche il Rinascimento è iniziato grazie alla ricerca medica e alle applicazioni terapeutiche, ma già si può parlare di una diffusione elitaria e di casta (la pratica del microdosing). Seguirà una fase democratica, nascerà una nuova controcultura?

DDM - Tu come la vedi questa storia, come una linea retta, come un pendolo, come un cerchio? E come si può fare per evitare la fase successiva, quella della decadenza e della repressione?

Federico Di Vita - Io non credo molto nei corsi e ricorsi à la Giambattista Vico. Certo la storia offre modelli formali che possono ripetersi visti da una certa angolazione, ma trovo che di solito quell’angolazione sia limitante. Bisogna proprio voler guardare la realtà a due dimensioni, invece che a tre, quattro (o ). Pensa al sistema solare, visto dall’alto troviamo dei cerchi concentrici, con il sole al centro e i pianeti che si inseguono in una danza immutabile, occupando sempre le stesse posizioni. In realtà un pianeta non torna mai nello stesso posto, perché quella che ci sembra una serie di cerchi in verità è una infinita spirale a cavatappi, dato che a muoversi è anche il sole intorno alla galassia, e i pianeti lo seguono come uno sciame ordinato, non tornando mai dove erano l’anno precedente. Dobbiamo preoccuparci di una nuova repressione, quindi? Certo, la repressione per altro c’è ancora: queste sostanze sono vietate. Non penso però che in seguito alla liberalizzazione terapeutica che le scoperte di questi anni potrebbero innescare – i cui risultati sono per altro ben più solidi di quelli di cinquant’anni fa – rivivremo un nuovo “medioevo”, i problemi saranno diversi, e più complessi. Per il futuro immagino una realtà a cluster, in cui accanto ad aree decisamente progressiste, dove tutte le sostanze saranno più o meno legalizzate, ce ne saranno altre in cui continueranno a vigere divieti draconiani (e un esempio al riguardo stanno già cominciando a darcelo gli Stati Uniti). Inoltre il problema principale un domani potrebbe essere un altro, ovvero l’intenzione di sfruttare il potenziale di queste molecole – magari modificato e depotenziato, pur di essere brevettabile – da parte delle multinazionali farmaceutiche, che lotteranno in questo senso. Un piccolo esempio l’abbiamo visto in Italia pochi giorni fa, quando il ministro Speranza ha provato a rendere illegale la CBD – un principio attivo della cannabis, privo di effetti psicotropi – spianando la strada alla commercializzazione dell’Epidiolex, un farmaco della Gw Pharmaceuticals guarda caso proprio a base di CBD; mettendo così in fuorigioco le oltre 3000 piccole aziende che nel nostro Paese producono estratti dello stesso principio attivo. Per fortuna il governo poi è tornato sui suoi passi ma i principali dei problemi a medio termine che mi aspetto scaturire dai risultati delle ricerche sugli psichedelici potrebbero rispondere a dinamiche di questo tipo – un bel po’ diverse dunque rispetto a quanto accaduto tra anni Sessanta e Settanta, pure se delle (anche grandi) sacche di repressione continueranno a esserci.

 

2. Da Storia a Esperienza

Il primo pezzo vero e proprio è una partenza a razzo, si inizia subito con la cosa più difficile: dire l’ineffabile. Si parla dell’esperienza psichedelica, e senza girarci attorno, non con un’analisi di critica letteraria che statuisce un parallelo con i topos della scrittura di viaggio (come lasciava presupporre il titolo Il trip report come sottogenere della letteratura di viaggio), ma con una vera e propria antologia. Per di più, non sono brani storici, ma racconti contemporanei, presi dal web - e alternati a ricordi personali dello stesso autore, Peppe Fiore: una storia orale del trip.

A un certo punto Fiore dice una cosa bellissima, parla di una catena montuosa vista dall’alto, che improvvisamente gli appare per quello che è: “una sterminata preghiera”. È una sinestesia di violenza inaudita, se badiamo alla logica (il passaggio è come minimo doppio: non è una canzone o un’opera d’arte a sembrare una preghiera, né una cosa naturale a essere paragonata a un’opera d’arte; è la natura stessa, addirittura la natura inanimata, a identificarsi con la più spirituale invenzione umana). Ma nel momento in cui l’ho letta, ho capito subito cosa intende, anche se non saprei spiegarlo (e ci sto provando invano). Non userei neanche il termine metafora perché non è una metafora né un simbolo: è la verità.


DDM -
Questo è assolutamente pacifico per chi abbia avuto esperienze simili, e totalmente incomprensibile per chi non le ha avute: non riesco a immaginare uno scollamento maggiore. Come possiamo spiegarci oltre la cerchia di iniziati? Non è facile, ma come si può provare a bucare la bolla, oggi che è più necessario che mai?

Peppe Fiore - La visione che riporto nel saggio, quella della cordigliera in Perù che sotto LSD appare improvvisamente come “una sterminata preghiera”, risale a sei o sette anni fa. Se il creato è il teatro di Dio, gli elementi naturali sono le voci che cantano a Lui: per chi ha la fede, naturalmente. Per me, che sono di fede incerta ma di spirito calvinista, quella visione poderosa è stata un regalo dell’LSD da giocarmi in un romanzo e, ad anni di distanza, in questo libro. La scrittura è uno strumento discretamente efficace per spiegare anche ai non-iniziati cosa significa la psichedelia. Per, come scrivi tu, "bucare la bolla". Allo stesso tempo, starei attento alla fascinazione del proselitismo. Penso che, in una società evoluta, tocca a chi possiede competenza farmacologica delle sostanze produrre informazione, ai media fornire spazio a quell’informazione, e alla politica non demonizzarla e garantire un accesso controllato alle sostanze. Non serve “convincere” le persone a entrare nella psichedelia: quando arriva il momento, è sempre lei che trova te.

Psilocybe pelliculosa

Psilocybe pelliculosa | Scott Darbey / Flickr

3. Da Esperienza a Guarigione

Da un’esperienza personale parte anche l’intervento di Francesca Matteoni, Piante sacre: ayahuasca, sciamanesimo e coscienza ecologica. L’ayahuasca, la liana amazzonica dei morti, tra le sostanze più antiche in assoluto, ma anche una delle più recenti nell’uso occidentale. Parte dall’esperienza personale ma va molto oltre, per toccare aspetti antropologici, etici, politici: la storia contemporanea dell’ayahuasca coinvolge temi centrali del nostro rapporto con l’altro - inteso come non-occidentale, ma anche come non-umano - dal turismo di massa al colonialismo culturale, fino agli effetti di rimbalzo con cui i nostri consumi condizionano economie e vite agli antipodi. Particolare, e paradossale, è il caso dell’ayahuasca: alcune tribù amazzoniche che l’hanno sempre usata, non hanno più uno sciamano in grado di farlo; altre tribù, che non ce l’avevano nella propria storia, hanno iniziato a usarla, e farla usare. Esempio da manuale di una tradizione in continua evoluzione, che non si può mai dire autentica perché non si può mai dire falsa.

DDM - Per queste sue caratteristiche così contaminate, quasi corrotte, dovremmo lasciar perdere l’ayahuasca? O non sono proprio queste a renderla lo psichedelico più adatto a noi?

Francesca Matteoni - Credo che buona parte dell’errore stia in come interpretiamo il concetto di “tradizione”. Non esiste una tradizione immutabile, semmai esiste un corpo visibile di idee e usanze da cui provare a risalire verso le origini, pure imboccando vie senza sfondo. La tradizione si adatta, muta, migra. Si stratifica o si ibrida nella contemporaneità. Ciò che mi spaventa in generale è la ricerca frenetica di un salvifico “altrove”, ben rappresentato dall’ayahuasca, che ci accechi sia verso il “qui” che verso il contesto che andiamo ad esplorare. Mi piace pensare l’esperienza con l’ayahuasca come un lungo viaggio di ritorno, come un ricordare più che un imparare. È possibile ricordare vite e luoghi che non abbiamo mai conosciuto? Secondo me sì, se accettiamo che la voce che parla non sia solo la nostra, ovvero la più ovvia e immediata. Allora non sarà solo la nostra interiorità a manifestarsi, ma una comunione, persino violenta, con quanto c’è intorno – dove le piante sono uno strumento e un fine, il ricordo dell’altro che ci abita o abitiamo.  

 

4. Da Guarigione a Medicina

Dal rito di guarigione sciamanico alla terapia farmacologica, il passo è breve, o enorme, a seconda di come lo si guardi. Fatto sta che proprio grazie alla medicina si sta ripartendo con gli psichedelici: che si sono dimostrati efficaci per una serie di patologie o disagi, dalla depressione all’emicrania, dalle dipendenze all’ansia dei malati terminali. Ne parla, anche qui direttamente coinvolta, Ilaria Giannini in Rompere gli schemi: la cura psichedelica alla depressione. Depressione maggiore, ne soffrono 3 milioni di persone in Italia, e per alcune di queste non funziona nessuna cura, nessun farmaco. Ma la psilocibina, per esempio, pare di sì: con alcune particolarità. Quella di essere non un’alternativa alla psicanalisi, come di solito lo è la terapia farmaceutica psichiatrica, ma un supporto, uno dei due pilastri. E poi, quella di funzionare non come i classici regolatori dell’umore, che si prendono in maniera continuativa e se ne salti uno sono guai, ma in una o massimo due sedute. Com’è possibile? Perché agisce come una sorta di reset di un computer in palla: la mente incagliata su sé stessa subisce una scossa, proprio fisicamente come mostrano le meravigliose visioni di brain imaging negli esperimenti condotti da Carhart-Harris.


DDM -
Non è un paradosso, mi chiedo e ti chiedo, che una mente ripiegata su sé stessa venga sbloccata proprio da sostanze che in condizioni normali ci portano a una migliore conoscenza di noi stessi? Ma soprattutto, non è un pericolo che alcuni problemi si possano risolvere con una sessione una tantum, nel senso: chi vorrà produrre un farmaco che sembra nato per vendere poco?

Ilaria Giannini - Non è un paradosso, anzi. Gli psichedelici non portano tanto a una migliore conoscenza di sé stessi quanto a un’espansione della coscienza e quindi delle potenziali versioni di sé stessi a cui è possibile attingere, attivando così risorse che si rivelano preziose sia per i soggetti sani che per quelli depressi. La differenza è che il cervello depresso ha infinitamente più bisogno di queste risorse, è come una persona chiusa da tempo in una stanza buia e vuota dove di colpo si spalanca una finestra su un paesaggio nuovo, inedito.

Per quanto riguarda invece il rischio che un antidepressivo psichedelico non veda mai la luce perché non abbastanza redditizio sono abbastanza sicura che, nel bene e nel male, il sistema capitalistico troverà sicuramente il modo di far fruttare queste scoperte, anche perché il mercato degli antidepressivi è enorme e in continua espansione, toccherà i 15,9 miliardi di euro nel 2023, anche una piccola fetta sarebbe comunque sostanziosa. Non a caso c’è già chi ci sta investendo, come l’imprenditore George Goldsmith che con la sua Compass vuole sviluppare una terapia a base di psilocibina e aprire una serie di centri di trattamento dove somministrarla. Le occasioni di business quindi non mancheranno, io intravedo semmai altri pericoli. Intanto che le cure lisergiche diventino un settore di nicchia a prezzi proibitivi per i più, o che vengano immessi sul mercato farmaci a bassissimo dosaggio psichedelico, che sarebbero soltanto l’ennesimo placebo: le ricerche infatti hanno dimostrato che solo attraverso dosi significative, in grado di attivare l’ego dissolution, si arriva a un’azione antidepressiva.

Nonostante tutto però sono fiduciosa, anche perché per chi soffre di depressione difficilmente potrà andare peggio di così: oggi uno su quattro infatti non trova una cura efficace e anche chi trae beneficio dai diversi antidepressivi in commercio deve fare i conti con effetti collaterali molto pesanti. Avallare scientificamente una qualunque forma di cura psichedelica alla depressione e renderla legale significherebbe scatenare un effetto valanga imprevedibile: quanti terapeuti che oggi lavorano nell’ombra con queste sostanze o che ne sono solo incuriositi potrebbero invece proporla ai loro pazienti? E quanti che oggi non hanno idea di queste potenzialità a quel punto sarebbero invece disposti anche a procurarsele illegalmente per provare a curarsi da soli? Per chi lotta contro la depressione la medicina psichedelica può essere solo una bella notizia.

 

5. Da Medicina a Politica

Di lati oscuri nella ricerca farmaceutica sulla depressione ce n’è più di uno. Ne L’antidepressivo di Donald Trump Agnese Codignola parla dell’esketamina, molecola sorella della ketamina, primo psichedelico autorizzato per uso commerciale dal 1971. Un farmaco che, secondo altri studi e pareri, non sembra per niente sicuro, e potrebbe rivelarsi sia pericoloso per chi lo assume, sia deleterio per l’immagine in generale degli psichedelici, che si stanno a stento liberando dello stigma. Il pezzo di Codignola è il più giornalistico e documentato, svelando i retroscena per cui Trump si è fatto sponsor sfegatato dell’esketamina, e allargando il discorso alle ambiguità della stessa “versione buona”, la ketamina.


DDM -
Visto che l’argomento è di attualità e le cose evolvono in continuazione, ti chiederei un aggiornamento: cosa cambia adesso che Trump non sarà più alla Casa Bianca? Ci sono novità?

Agnese Codignola - Nessuno può dire come si muoverà, sul tema, l’amministrazione Biden, ma di certo le decisioni sugli psichedelici sono anche, e molto, politiche. I segnali arrivati finora, comunque, sono positivi. Insieme all’elezione del Presidente, gli statunitensi che abitano in Oregon sono stati chiamati a pronunciarsi sulla legalizzazione della psilocibina per usi medici, ovvero sulla Legge 109 e hanno detto sì, nel 56% dei casi. Nei prossimi due anni le agenzie preposte definiranno i protocolli, e alla fine del processo regolatorio tutti i maggiorenni potranno avere accesso, sotto stretto controllo medico, alle cure a base di psilocibina. L’iniziativa, chiamata The Psilocybin Mushroom Services Initiative, è stata sostenuta dal partito democratico dello stato e da diversi gruppi di veterani che hanno appoggiato il progetto, a differenza di quanto avvenuto con l’esketamina. Sulla quale, invece, non ci sono novità di rilievo. I dati della fase 4, cioè successivi all’introduzione in clinica, saranno disponibili solo quando sarà stato trattato un numero consistente di pazienti.

Le due vicende parallele dimostrano quanto sia importante distinguere tra le diverse sostanze, e mantenere alta l’attenzione su possibili strumentalizzazioni politiche o economiche, soprattutto quando una qualche sostanza diventa “di moda”. Ma, anche, quanto l’opinione pubblica sia pronta, e quanto programmi scientificamente fondati e ben strutturati come quello dell’Oregon possano essere coronati da successo.

 

6. Da Politica a Capitalismo

A proposito di politica, con l’intervento di Marco Cappato si volta pagina, si amplia la visuale. In Psichedelia e politica Cappato parla di big data e controllo sociale, del diritto di tutti a godere del progresso tecnologico, dell’importanza di andare oltre il lato meramente terapeutico della rinascita psichedelica. Dobbiamo ringraziare la medicina, ma evitare di medicalizzare il discorso. Ma come si fa?

DDM - Dici che i due capisaldi dell’antiproibizionismo – la motivazione teorico-giuridica e quella del fallimento pratico del proibizionismo – restano validi, ma che bisogna andare oltre. Come, in concreto? Quali sono le azioni effettive da intraprendere perché gli psichedelici non siano monopolizzati dalla psichiatria?

Marco Cappato - Bisogna fare leva su quel “diritto a godere dei benefici del progresso scientifico e delle sue applicazioni” approvato oltre mezzo secolo fa dalle Nazioni Unite. Ciò significa che mano a mano che si arricchisce la conoscenza scientifica sui benefici degli psichedelici, la battaglia politica si sposta sul piano dell’affermazione concreta di quel diritto, affinché la nuova conoscenza non resti confinata alle élites, non solo in termini di accesso alle sostanze, ma anche in termini di preparazione culturale di base. La cultura è il fattore fondamentale per essere protagonisti attivi del rapporto con gli psichedelici invece che subire passivamente indicazioni mediche e pressioni di mercato, fermo restando che considero sia la scienza che il mercato come fattori essenziali per il Rinascimento psichedelico. Utopie e distopie degli psichedelici aiutano a comprendere potenzialità e rischi anche sul piano tecnologico ed economico, ma poi spetta alla politica regolare l’accesso effettivo alle sostanze.

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(1975) è stato redattore del mensile Giudizio Universale e editor di Esquire. Scrive di letteratura e cibo per CheFare, Dissapore, Esquire, L’Indiscreto, L'Integrale, La Ricerca. Ha pubblicato il romanzo Non siamo mai abbastanza (66thand2nd) e la non fiction Mia figlia spiegata a mia figlia (LiberAria). Nel 2021 è uscito il libro di racconti Storie che si biforcano (Wojtek).

Pubblicato:
26-11-2020
Ultima modifica:
26-11-2020
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