La voce della macchina - Singola | Storie di scenari e orizzonti

La voce della macchina

Una conversazione con la pluri-premiatǝ artista digitale sul valore del glitch e del bug nell’arte digitale, nel videogioco e nel software in generale.

Intervista a Nathalie Lawhead
di Matteo Lupetti
Nathalie Lawhead

(a.k.a. alienmelon) sviluppa software, videogiochi e videogiocattoli sperimentali. Tra i suoi lavori più celebri c’è la raccolta di giochi sperimentali Tetrageddon Games (vincitrice del Nuovo Ward all’Independent Game Festival del 2015), la “zine interattiva” incentrata sul trauma e la sua rielaborazione Everything is Going to be OK (vincitrice dell’Interactive Award all’Indiecade del 2017 e, nello stesso anno, del Digital Moment Ward all’A MAZE), l’ARG Mackerelmedia Fish e il videogiocattolo Electric Zine Maker.

Matteo Lupetti

Matteo Lupetti è un critico marxista specializzato in videogiochi, fumettista indipendente e direttore artistico del festival di narrazioni di realtà CreteCon.

In questa conversazione si cerca di mettere in discussione la tradizionale visione negativa di bug e glitch, gli errori (o meglio, i risultati inaspettati) e i "buchi" dei software. Concentrandomi soprattutto su videogioco e in generale sull’arte digitale, e ricollegandomi al ruolo del non-umano nell’Antropocene (come proposto per esempio da Timothy Morton e Donna Haraway), ho dialogato con Nathalie Lawhead immaginando una nuova prospettiva, non più antropocentrica. La conversazione è stata editata per brevità e chiarezza.



Matteo Lupetti - Io lavoro ormai da anni nell’ambiente dell’informazione e della critica videoludica, e nelle tradizionali recensioni dei videogiochi glitch e bug sono considerati i peggiori nemici di un buon prodotto. Il pubblico si aspetta che una recensione li avverta se ci sono "difetti" di questo tipo e che il voto finale punisca un prodotto che ne è particolarmente ricco. Consideriamo ancora il videogioco come un software che ha una precisa funzione pratica, come una calcolatrice in cui immettiamo un certo input per ottenere un certo output. Ho letto il tuo articolo The Beautiful Rebellion of Video Game Bugs (how simulated worlds express malfunction in their own way, and that poetic digital decay…) e vorrei partire da lì per discutere di come invece potremmo ripensare il ruolo di bug e glitch nell’arte digitale.

Nathalie Lawhead - Quando un software si rompe, dà personalità a un computer. È come se il computer acquistasse una sua voce, smettesse di essere un ambiente funzionale, morto, e bug e glitch fossero i suoi strani modi di esprimere la sua personalità. Nei videogiochi, in ambienti e mondi simulati, bug e glitch sono le uniche occasioni in cui il software ha davvero l’occasione di esprimersi. Sono momenti sorprendenti e bizzarri, su cui l’essere umano non sembra avere autorità, e noi possiamo imparare dai modi in cui il software si rompe rendendoli parte del nostro lavoro. I bug possono far nascere nuovi modi di giocare, e vengono creati livelli e giochi apposta per esplorarli. Anche la glitch art è oggi piuttosto popolare. E c’è qualcosa di particolarmente profondo nel mettere in primo piano e valorizzare questa forma di espressione della macchina. Questi fenomeni sono unici dei computer, non esistono in altri media, e sono un suo elemento tanto riconoscibile che se guardi come altri media rappresentano i videogiochi, la loro rappresentazione include sempre cose come bug, o i modi strani in cui i personaggi controllati dal software si muovono e si comportano. Stigmatizzare questo aspetto del software è un gran peccato.

 


ML -
Parli di “autorità," ma la questione riguarda anche l'“autorialità” di chi sviluppa. Quando è iniziato il cosiddetto “rinascimento indie” nell’industria del videogioco (intorno al 2008), il videogioco e la sua scena sembravano destinati a un processo di democratizzazione e ricominciavamo a parlare di autorialità. Accadde grazie ai videogiochi indipendenti, creati da piccole squadre e spesso estremamente personali. Finalmente potevamo chiaramente riconoscere nelle opere la poetica e le idee di singole e ben identificate persone. Però abbiamo dimenticato qualcosa: abbiamo dimenticato che quando realizziamo arte digitale agisce anche un’altra autorialità, perché noi stiamo collaborando con la macchina. Da questo punto di vista, bug e glitch ci ricordano che qualcos'altro ha lavorato insieme a noi.

NL - È vero. Quando lavori con un ambiente di sviluppo come Unity stai condividendo l’autorialità con Unity e i bug di Unity sono unici. Così sono unici i bug dell’Unreal Engine [un altro ambiente di sviluppo]. Condividiamo la nostra autorialità con il computer, i suoi sistemi, con la storia di quei sistemi e con tutte le persone che hanno reso quei sistemi quello che sono oggi.


ML - Negli ultimi anni è stata molto discussa la proposta dell’Antropocene, una nuova era geologica della Terra definita dall’impatto dell’umanità sul pianeta. Prometto che torniamo subito a parlare di bug e glitch, eh. È ancora molto discusso quando possiamo riconoscere l’inizio dell’Antropocene (o se questo debba essere il suo nome), ma il punto è che il nostro impatto ha mutato il clima della Terra, ha portato all’estinzione specie di flora e di fauna, ne ha disperse altre su quasi tutti i continenti, ha acidificato gli oceani e ha lasciato tracce negli strati rocciosi e nei ghiacci. La Storia umana è diventata parte della Storia di ciò che umano non è, è diventata geologia, e così oggi la nostra Storia è in gran parte influenzata da grandi fenomeni globali e non-umani, come appunto il cambiamento climatico. Oggi sarebbe quindi importante ripensare il nostro rapporto con queste entità non-umane. Detto in un altro modo, di fronte alla catastrofe climatica dobbiamo porci in un modo diverso con il resto del pianeta e in generale della realtà: l’Altro non può più essere visto come una mera risorsa da sfruttare, come qualcosa che esiste solo per il nostro bene. È necessaria una visione non più antropocentrica che contemporaneamente rivaluti il ruolo del non-umano e metta in dubbio i confini che abbiamo creato tra umano e non-umano, il nostro essere soggetti di fronte a un mondo di oggetti. Ecco, secondo me ripensare il significato di bug e glitch, che sono appunto espressione di entità non-umane (le macchine), può essere un passo in questa direzione. La macchina è qualcosa che noi abbiamo creato, e che eppure non conosciamo perfettamente e di cui abbiamo accettare la diversità e l’inconoscibilità. Un esempio sono le Intelligenze Artificiali addestrate tramite machine learning, che sono spesso incapaci di spiegarci le loro scelte.

NL - È una idea affascinante. A un certo punto dovremo porci problemi come capire se un computer ha consapevolezza di sé, che oggi suona come fantascienza. Le persone si pongono al centro di tutto, al centro della propria arte, quando tanti altri fattori hanno contribuito a rendere possibile ciò che realizzano. E sì, penso che i bug possano insegnarci che non tutto sia destinato a noi. Ma, per me, i computer avrebbero dovuto rendere migliori le nostre vite, avrebbero dovuto essere utilizzabili e utilizzati da tutte le persone. Internet sarebbe dovuta appartenere a tutte le persone. È una visione respinta dalle grandi compagnie. E i bug sono per me anche una ribellione a questo perfezionismo, alle macchine come prodotti standardizzati, sono occasioni di usare i software in modi diversi da come hanno deciso i monopoli che li hanno creati, un incoraggiamento ad hackerarli. 

Tarattatà... nuke

Tarattatà... nuke | https://alienmelon.itch.io


ML - Riguardo a quello che accennavi sull’Intelligenza Artificiale, credo sia interessante il modo in cui noi la pensiamo sempre come un’intelligenza umana, ma artificiale. Qualcosa che funziona come un essere umano, ma non è umano. Quelli che chiamiamo “bug” o “glitch” forse ci mostrano che le macchine ragionano invece in modo completamente diverso da quello che ci aspettiamo da un essere umano.

NL - Penso che sia un modo molto bello di vederla: anche il modo in cui misuriamo l’intelligenza di una Intelligenza Artificiale è in realtà incentrato sull’essere umano. Nel mondo naturale esistono sistemi intelligenti e stupefacenti, ma non riusciamo a vederli in questo modo perché non parlano inglese e non camminano su due gambe. E internet è già una intelligenza, ma è un organismo digitale totalmente differente da noi. Non riusciamo a vedere l’unicità delle espressioni del digitale. Guarda il Google Graveyard [l’elenco di progetti cancellati da Google]: è una perdita enorme, perché ognuno di questi progetti era un sistema unico, e li stiamo buttando via senza ragionare su come potremmo invece continuare a farli vivere e crescere, per esempio rendendoli Open Source. Dovremmo guardare alle macchine come entità viventi con una loro bellezza e non come cose da buttare via quando abbiamo finito di usarle. C’è un motivo se creo arte digitale, se non faccio scultura o pittura: i computer sono ecosistemi unici, e lavorare con loro vuol dire avere un dialogo con la macchina, ma la macchina non è lì per servirti. Quando è uscito il videogioco Cyberpunk 2077 [di CD Projekt RED] le persone condividevano tutti questi bug che trovavano al suo interno, e i bug erano in effetti la cosa più cyberpunk che c’era nel gioco: il sistema stesso si stava ribellando. Vogliamo che questi sistemi imitino la realtà e quindi creiamo queste complesse simulazioni e le trattiamo come se fossero equivalenti alla vita reale, non come simulazioni digitali. Ma dobbiamo accettare che abbiamo di fronte una macchina, e che bug e glitch fanno parte della sua natura, e anzi son le cose che rendono speciale la macchina perché la rendono diversa dalla vita reale.


ML - In Cyberpunk 2077 bug e glitch sono gli elementi che danno veramente vita al gioco. Non è un’esperienza dove ti trovi continuamente in situazioni e storie uniche nate dall’interazione dei suoi sistemi: è un mondo morto. Ma i suoi bug sono vivi, sono ciò che non ti aspetti.

NL - Mi piace per esempio girare in Grand Theft Auto e guardare i pedoni per strada. Come interagiscono tra loro, cosa succede quando si scontrano, come continuano a scontrarsi contro qualche ostacolo. Queste piccole stramberie sono la vita quotidiana della simulazione.

Bleah

Bleah | https://alienmelon.itch.io


ML - Penso che abbiamo una comprensione molto scarsa di questi fenomeni, anche come critica. Non discutiamo dei videogiochi come se fossero software, o al massimo li consideriamo software per il calcolo, software che (come dicevo prima) devono darti un certo preciso risultato dopo aver ricevuto un certo input.

NL - Dovremmo smetterla di non considerare software i videogiochi e di fingere che siano qualcosa di più di una simulazione in un computer. Facciamo un grande errore quando non pensiamo al software come arte, o quando non pensiamo al software come a qualcosa di più che un mero servizio, parlando di cose come “l’utenza.” In un videogioco, per esempio, è più interessante trovarci di fronte a entità che non esistono solo in funzione di chi gioca, ma che vivono in quel mondo digitale come ci viviamo noi. Prendi un grande videogioco mainstream come Assassin’s Creed: Origins [di Ubisoft], a cui stavo giocando di recente: è bellissimo da vedere, ma passi tutto il tempo a uccidere e quindi i coccodrilli che incontri nel gioco esistono solo per essere uccisi in modo che tu possa ottenere da loro specifiche risorse. Ma opere più dinamiche, opere che non siano incentrate solo sul “te che giochi,” sono invece capaci di ricordarci che non tutto gira intorno all’umano. Nel futuro dovremo accettare che la macchina esista come esistono le persone.

Paint

Paint | https://alienmelon.itch.io


ML - Pensi che cominciare a vedere in modo diverso software e macchine possa aiutarci a riconsiderare, più in generale, il ruolo del non-umano?

NL - Penso che sia parte di un problema più grande, di come il capitalismo ci faccia vedere software, giochi e anche l’ambiente come cose che esistono al suo servizio. I computer sono vittime.


ML - Sfruttiamo le macchine come sfruttiamo l’ambiente e come le persone sono a loro volta sfruttate. Nella raccolta di corti animati Animatrix, che fa da compendio alla serie cinematografica Matrix delle sorelle Wachowski, viene raccontato come nasce la prima Matrix dopo la ribellione delle macchine. Le macchine, che all’epoca avevano un aspetto umano perché così le avevamo create, volevano solo diritti comparabili ai nostri, ma quando l’umanità le rifiuta abbandonano l’antropomorfismo e diventano quelle creature più simili a polpi che vediamo nei film. È il momento in cui le macchine smettono di fingere di essere umane e di voler essere umane, e cominciano a esistere veramente come entità non-umane con una propria visione e un’etica che non assomiglia più alla nostra. Nei film le vediamo come le antagoniste, perché seguiamo il punto di vista degli esseri umani, ma Animatrix ci offre il punto di vista delle macchine.

NL - Penso che sia interessante come quella storia mostri che le macchine non hanno schiavizzato l’umanità: la hanno gestita, secondo il loro punto di vista non-umano, perché non volevano essere sterminate. I computer sono già “intelligenti,” ma sono intelligenti a modo loro. E noi non rispettiamo questa intelligenza. E quando le macchine nella storia di Matrix smettono di assomigliare a esseri umani e assumono quell’aspetto da piovra stanno esprimendo il loro desiderio di esistere alle loro condizioni, di non finire anche loro nel Google Graveyard.

ERROR AhhhhhhhhAhah!

ERROR AhhhhhhhhAhah! | https://alienmelon.itch.io


ML - Il problema è che l’industria del videogioco si pone come un’industria che fornisce servizi. Quindi diventa difficile discutere i videogiochi da un’altra ottica. Intorno al 2010 ci piaceva dibattere su cosa fosse o non fosse un videogioco o un gioco, se tutti i videogiochi fossero giochi, se il videogioco fosse arte. Ma lo facevamo perché volevamo espandere i confini del possibile. A questo punto, penso francamente che i videogiochi che vengono trattati come servizi, per esempio quelli che seguono il modello noto appunto come “game-as-a-service,” non siano arte e non siano neanche giochi. Sono servizi. Usano meccaniche prese dai giochi, ma le persone si aspettano che funzionino come servizi, che i soldi che pagano quando li comprano garantiscano loro un certo servizio funzionante. Quando li approccio da un punto di vista critico posso ancora analizzarli come un prodotto artistico, ma non è come l’industria li sta pensando e vendendo.

NL - Sono d’accordo, ed è una cosa di cui ho discusso anche in passato: non penso che i videogiochi AAA [ad altissimo budget] siano arte. Ci sono artiste e artisti che ci lavorano, ma l’arte che trovi all’interno di questi videogiochi è schiava del sistema di produzione. Io non fornisco servizi, le mie opere sono diffuse gratuitamente, ma a volte arrivano persone che pretendono che le modifichi in un certo modo o nell’altro. È la cultura che l’industria ha creato, raccontandoci che al centro di tutto ci sono “i gamer.” E probabilmente non c’è modo di cambiare questa cultura industriale dall’interno, perché quella del videogioco è un’industria che è stata costruita su fondamenta sbagliate da persone orribili. L’unica cosa che possiamo fare è creare la nostra cultura del videogioco e del software fuori da questa industria.

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USA - 2021
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(a.k.a. alienmelon) sviluppa software, videogiochi e videogiocattoli sperimentali. Tra i suoi lavori più celebri c’è la raccolta di giochi sperimentali Tetrageddon Games (vincitrice del Nuovo Ward all’Independent Game Festival del 2015), la “zine interattiva” incentrata sul trauma e la sua rielaborazione Everything is Going to be OK (vincitrice dell’Interactive Award all’Indiecade del 2017 e, nello stesso anno, del Digital Moment Ward all’A MAZE), l’ARG Mackerelmedia Fish e il videogiocattolo Electric Zine Maker.

Matteo Lupetti

Matteo Lupetti è un critico marxista specializzato in videogiochi, fumettista indipendente e direttore artistico del festival di narrazioni di realtà CreteCon.

Pubblicato:
04-03-2021
Ultima modifica:
03-03-2021
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