La centrifuga - Singola | Storie di scenari e orizzonti

La centrifuga

Tra i tanti effetti che genera TikTok c'è quello di rendere bestseller dei libri inaspettati. Uno scambio sul fenomeno "La canzone di Achille" di Madaline Miller e sul pubblico Young Adult.

Stefano Trucco

(1962) ha pubblicato i romanzi Fight Night (Bompiani, 2014) e Il Gran Bazar del XX secolo (Aguaplano, 2019), e il racconto lungo 1958. Una storia dell'Età Atomica (Intermezzzi, 2018). Ha contribuito al romanzo collettivo TINA. Storie della Grande Estinzione (Aguaplano, 2020) e all'antologia di fantascienza NeXT-Streams. Visioni di realtà contigue (Kipple, 2018). Vive a Genova dove lavora come bibliotecario.

Cristiano Saccoccia

(1993) è laureato in storia all’Università degli Studi di Macerata è specializzato nella letteratura dell’immaginario e nella global history. Scrive per le riviste ClassiCult, Molotov, Satisfiction, N3rdcore, Staynerd e Hyperborea. Collabora con diversi editori indipendenti.

Stefano Trucco – Mettiamola così: io passo un bel po’ di tempo, anche troppo, su Facebook, insieme ai Boomer e ai Gen X; poi mi piace postare foto su Instagram; Twitter l’ho abbandonato quando ho smesso di parlare di politica; di Youtube sono un pure consumatore. Tiktok, il social preferito dalla mia nipote sedicenne, mi è del tutto estraneo.

Però ho sentito parlare di come Tiktok, inaspettatamente, si sia rivelato molto più ospitali ai libri di quanto tutti credessero, almeno a un certo tipo di libri. Libri come La Canzone di Achille, di Madeline Miller. Pubblicato negli Usa nel 2012 e tradotto in italiano per Sonzogno nel 2013 questo romanzo ebbe un discreto successo e vinse l’Orange Prize per la narrativa femminile. La vera notizia però è l’enorme ritorno di fiamma attuale, che lo ha visto tornare prepotentemente nelle classifiche di vendita di mezzo mondo grazie a Tiktok, cioè per me terra incognita. Così, incuriosito, quando l’ho visto su una bancarella a metà prezzo ho deciso di comprarlo e leggerlo.  Poi ho pensato che conoscevo qualcuno che su Tiktok e la letteratura sui social ne sapeva sicuramente più di me, Cristiano Saccoccia. Prima però facciamo i critici e parliamo del romanzo.


Cristiano Saccoccia -
La canzone di Achille si è rivelata essere una lettura sicuramente interessante seppur ammantata da una pesante cappa di effetto hype colpevole di aver influenzato la mia esperienza col testo. Madeline Miller ha curato l'impianto mitico classico con gran cura, restituendoci la maggior parte delle figure omeriche con un taglio psicologico contemporaneo ma preciso, la sua competenza nella materia è evidente il che rende questo "retelling" non solo una rielaborazione del materiale arcaico ma il tentativo di riscoprire i personaggi con nuove angolazioni caratteriali.

Miller inizia la sua storia con l'infanzia di Patroclo e poi del suo esilio nelle terre di Ftia dove regna Peleo, padre di Achille. Segue la "paideia" dei due giovani, un vero percorso educativo per instradarli sul cammino dell'eroe, ma non possiamo pensare che sia solo un processo marziale e asettico, l'educazione dei nobili prevedeva anche la musica, il rapportarsi con esponenti della classe aristocratica, celebrare e rispettare gli déi e molto altro. Patroclo e Achille crescono come etèri, ovvero compagni. Il rapporto di eterìa non era una semplice amicizia ma un legame profondo che legava gli uomini in un destino di eterna condivisione di glorie, amori, vittorie e sconfitte in tutti i campi. Patroclo è un personaggio introverso, a volte goffo e facile da intimidire ma con Achille riesce ad aprirsi e l'amicizia iniziale diventa ben presto una sorta di venerazione per un novello eroe. Una reincarnazione di Ercole.

Prima di iniziare il romanzo temevo che l'autrice avesse monopolizzato la narrazione con scene sessuali e rapporti omoerotici che andavano a cozzare con il tono "epico" che contestualizza le vicende. Invece è stato uno degli aspetti più apprezzati, il rapporto tra Achille e Patroclo, dalla giovinezza fino alle mura di Troia, è un amore travolgente ma delicato. Non c'è un erotismo spinto e sensazionalista, l'autrice accompagna il lettore tra i corpi degli amanti. La prosa diventa vivida e tangibile e si possono ascoltare i sussurri e i respiri spezzati dei giovani eroi, l'emozione che fa tremare i loro corpi pervade ogni cosa.

Tuttavia, nonostante gli aspetti positivi, che sintetizzo in ricerca filologica accurata e delicatezza appassionante, non sono riuscito a scorgere nel romanzo La Canzone di Achille il capolavoro che molti hanno acclamato. Non posso accusare all'autrice di aver disseminato il suo testo di errori e difetti, perché a conti fatti non ne ha.

Probabilmente non ero il destinatario adatto. Conoscendo molto bene il materiale mitico tutti i passaggi del romanzo mi sono risultati telefonati e prevedibili e l'autrice non ha messo del suo per esplorare ancora di più il mondo omerico. In mente è rimasta sempre impressa la convinzione di leggere un "ripasso" delle vicende leggendarie con un approfondimento su Patroclo e Achille. Ciò mi ha portato a vivere la lettura come una ridondanza distorta di esperienze passate. Forse il successo del romanzo va ricondotto alle nuove categorie di lettori che lo hanno approcciato, persone non interessate al mito ma solo ai suoi uomini e che in seconda battuta si innamorano della mitologia greca col filtro del rapporto tra Achille e Patroclo.

ST – Se come mi pare evidente questo romanzo è diretto a un pubblico Young Adult del tipo più smart allora La Canzone di Achille non si può che definire un pieno successo. Riscrivere in prosa l’Iliade dal punto di vista di Patroclo non è meno legittimo che scriverne un seguito dal punto di vista di Enea; riscriverla attraverso una sensibilità contemporanea non è né più né meno che quello che s’è sempre fatto, a partire dalle traduzioni nelle diverse lingue, e soprattutto che è impossibile non fare (del resto Iliade e Odissea stesse raccontano di un tempo lontano che già non è più quello di ‘Omero’); psicologizzare i caratteri mitici e in un certo senso privi di interiorità è forse altrettanto inevitabile, specie dal momento in cui scegli la strada obbligata della prosa rispetto alla poesia. Insomma, si può fare.

Il Patroclo dell’Iliade è al tempo stesso assolutamente cruciale – l’azione finisce per pivotare su di lui – e disperatamente opaco. Qualche classicista omofobo si è premurato di ricordarci, giustamente, che nell’Iliade stessa non si accenna a alcun rapporto erotico fra Patroclo e Achille: ma questa verità era apparentemente già dimenticata dai greci dell’età classica come Eschilo e Platone (si discuteva giusto chi dei due fosse l’amante e chi l’amato), per non parlare di Alessandro Magno e Eufestione. Secoli dopo Shakespeare nel ‘Troilo e Cressida’ lo da per scontato, facendo però di Patroclo un attore, una nozione talmente gratuita da essere geniale.

Perciò non è certo un problema in sé che la Miller decida di mettere in scena l’amore fra i due giovani eroi. Come non è un problema, anzi, che la scrittrice americana, decida di trattare e mettere in scena gli Dei, soprattutto la terribile madre del Pelide, Teti, e le creature mitiche come il centauro Chirone con la stessa naturalezza cui li metteva scena Omero (e diversamente da come fece Baricco qualche anno fa, che riscrisse l’epica cancellandoli). Con la stessa diffidenza, pure: poche cose oggi lasciano interdetti i lettori di Iliade e Odissea quanto la pesante ironia nei confronti delle divinità.

L’attualizzazione Young Adult diventa evidente quando ci rendiamo conto che la corte di Peleo è anche una high school americana in cui il giovane sensibile e studioso viene a sorpresa prescelto quale oggetto del desiderio dal meraviglioso e fighissimo quarterback dietro a cui tutti sbavano e la storia d’amore fra i due fa da asse portante del romanzo. Lo fa pure con una certa eleganza e provocando un’immediata identificazione emotiva in un bel po’ di lettori non solo giovani, tipo me. Certo questa storia così moderna nel senso di senza tempo si deve poi inserire nella guerra di Troia, dove la storia obbedisce necessariamente a un’agenda diversa. Miller direi che tiene il punto, anche se il suo Patroclo finisce per trovarsi a disagio nel seguire la trama: sensibile e pacifista qual è in fondo massacra mezzo esercito troiano, uccide Sarpedonte e manca poco che conquisti Troia da solo tanto che per fermarlo deve intervenire Apollo in persona.

Detto di questo punto forse debole la Miller riesce a fare quel che aveva deciso di fare per il suo pubblico di riferimento e la lettura scorre gradevole fino alla tragica e nota fine, che ovviamente non si azzarda a mutare di un capello. Quindi per me è un sì.
Però diciamoci la verità: questo libro non era rivolto a me e non l’avrei letto se non l’avessi trovato a 5 euro in un mercatino dell’usato e soprattutto non l’avrei letto se non fosse stato per Tiktok. Tu ne sai qualcosa di più?

CS - La mia vera domanda è: ai tempi Madeline Miller sapeva quale fosse il suo pubblico di riferimento? Secondo me no. La pubblicazione in lingua originale risale al 2011 e il mondo dei social era un habitat rarefatto con la dominazione assoluta di Facebook e/o blog personali. Quindi come è avvenuto questo exploit nel corso degli anni? Come può diventare un best seller dopo 10 anni? Rispondere non è semplice, ma vorrei mettere sul piatto alcune considerazioni preliminari che sono slegate dai normali discorsi editoriali e di marketing, mi focalizza solo sui social.

La viralità della Miller ha raggiunto i suoi massimi nel biennio pandemico per moltissime ragioni tutte collaterali tra loro, se non addirittura complementari. Partiamo dai fatti più semplici. La maggior parte della popolazione è costretta a rinchiudersi in casa e si ha tempo di perseguire degli interessi che richiedono concentrazione e calma. La lettura è uno di questi interessi, tant’è che tra 2020 e 2021 c’è stata una crescita esponenziale del mercato, ma ci torneremo tra pochissimo. Il tempo libero non si sfrutta solo per leggere ma per sperimentare nuove tecniche comunicative o di aggregazione social-digitale. Il 2020 è stato l’anno più esplosivo del social di videosharing TikTok, tantissime “celebrità Tiktokers” hanno plasmato un loro personal branding arrivando a monetizzare grazie alla piattaforma. Una nicchia di questo social è denominata BookTok. In questo ecosistema l’utenza parla di libri, personaggi e soprattutto emozioni. Su TikTok difficilmente si troveranno recensioni dettagliate (il massimo di tempo è comunque 3 minuti, difficili per intavolare un discorso) bensì c’è spazio per unboxing di pacchi acquistati o omaggiati (una categoria di video tra le più apprezzate al mondo), per meme sui romanzi, scenette che ritraggono la vita del lettore (viene interrotto, giudicato per i suoi gusti, infantilizzato per come spende il suo tempo libero e il suo denaro etc). Tutte queste tipologie di video non legano la community al libro ma alla persona che crea contenuti.

Quindi dobbiamo ragionare inn termini di creators e community. Un video dove si piange per un libro ha un forte impatto emotivo e soprattutto crea legami empatici con gli spettatori. TikTok involontariamente promuove un emotional marketing nel settore di libri e La Canzone di Achille si ritaglia così sempre più spazio.

Le nuove forme comunicative unite al tempo per leggere e alla meraviglia di scoprire che un libro “può farti male” come un evento della vita reale, proietta i romanzi di stampo emotivo verso i cuori e le classiche dei lettori. Infatti c’è da specificare che i booktokers non sono per forza di cose lettori forti. Tra virgolette non sono considerati importanti per il loro pensiero su un determinato argomento bensì vengono rispettati perché riescono a trasmettere con un video più di quanto possa fare una recensione puntuale e precisa. E ciò è fattibile anche da lettori che occasionalmente consumano libri. I consigli del lettore occasionale hanno una specifica forza, riassumibile in “non leggo mai... ma questo libro mi ha distrutto il cuore”. Non dobbiamo sottovalutare questo emotional marketing.

La Canzone di Achille è diventato virale proprio per questi video, per i consigli, per la comfort zone letteraria che offre ai suoi lettori queer (che popolano alla grande TikTok), per la sua potenza sentimentale a 360 gradi. Tanto che ha valicato i confini di TikTok andando ad abitare i post di instagram e Facebook. Anche se la cosa interessante è che ogni social declina l’argomento a suo modo. Facebook fonte di dibattito, instagram esposizione estetica e compositiva a chi si aggiunge un parere e un discorso più o meno emotivo ( ma meno debole rispetto al modus di TikTok).

La prova di questo effetto? Beh l’abbiamo letto entrambi e ne stiamo scrivendo.Il mondo editoriale e le sue vendite sono cresciute in parallelo all’uso di TikTok e le fiere del libro hanno avuto record di ingressi e di presenza dei giovani.

Secondo te ha influenzato anche il fatto che il mito greco sia un patrimonio collettivo con cui entriamo per gioco forza in contatto o c’è un rapporto diverso con questo libro?

ST - Non so, la mia impressione è che il mito greco sia uno di quei patrimoni collettivi che si tengono da qualche parte in cantina e si tirano fuori solo in occasioni speciali e un po’ formali, tranne quando qualcuno, come per esempio la Miller, riesce a farne un uso che pare originale, se non a noi a torme di giovani lettori sostanzialmente privi di cultura classica se non per sentito dire di terza o quarta mano. Da dire poi che nella cultura di massa dominante, dove predomina la visione del mondo nerd, altre mitologie, quelle germano-scandinave o versioni semplificate della narrazione ebraico-cristiano-mussulmana, sono più facili da usare come canovacci monomitici. Nella mitologia greco-romana c’è troppo sesso e troppo poca Eterna Lotta fra il Bene e il Male. Gli dei greci sono amorali e pericolosi, come sia Omero che la Miller mettono bene in rilievo, solo l’immortalità e la bellezza li distinguono dagli umani, i quali dal canto loro, almeno nel contesto dell’Iliade, colpivano G.B. Vico perché "i costumi degli eroi omerici sono di fanciulli per la leggerezza delle menti, di femmine per la robustezza della fantasia, di violentissimi giovani per lo fervente bollor della collera... e, ‘n conseguenza, impossibili da un filosofo fingersi con tanta naturalezza e felicità" e come si sa "gli uomini prima sentono senz’avvertire, dappoi avvertiscono con animo perturbato e commosso, finalmente riflettono con mente pura".

E questo ci riporta all’emotional marketing di cui dicevi. I titoli che raccontano il fenomeno notano tutti il ruolo delle lacrime – uno per tutti: How crying on Tiktok sells books dal New York Times – come autentico punto di forza nel promuovere libri come La Canzone di Achille o Una vita come le altre di Hanya Yanagihara, una storia moderna, pubblicata in Italia da Sellerio, estremamente commovente (non approfondisco perché l’ho solo sfogliato).

Ora, pochi sentimenti sono più sospetti nella cultura seria della commozione del tipo groppo in gola e lacrime. Il tono prevalente è ancora quello stabilito a suo tempo da Oscar Wilde per cui "ci vuole un cuore di pietra per non ridere alla morte di Little Nell", cioè uno degli episodi più celebri e commoventi del romanzo di Charles Dickens La bottega dell’antiquario. A un livello inferiore c’è il vecchio luogo comune secondo cui sarebbe più facile far piangere che far ridere (ecco, pensate a tutte le volte che con una storia o una battuta siete riusciti a far piangere – letteralmente piangere - chi vi ascoltava e tutte le volte invece in cui siete riusciti a farli ridere, anche involontariamente: infatti, è un luogo comune del tutto insensato). Su un piano un po’ più pensato, l’idea che il dramma modernità si coniughi meglio alla commedia che alla tragedia propriamente detta.

Comunque, tutta una serie di meccanismi narrativi per far piangere perfettamente legittimi e pure molto popolari usati da autori come Dickens, Balzac, Hugo ma pure Dostoevsky e Gogol erano diventati sospetti e proscritti lungo tutto il Novecento, tanto che nel 1974 i nomi più importanti della letteratura italiana di allora – Calvino, Pasolini, Moravia, Balestrini e le Neo Avanguardie ma pure un narratore popolare come Piero Chiara – si ritrovarono concordi nel condannare, con accenti diversi,  La Storia di Elsa Morante in quanto romanzo "commovente" e "patetico", cosa che per alcuni significava automaticamente anche "reazionario". Calvino avrebbe in seguito sostenuto che un narratore può far ridere o spaventare un lettore, ma farlo piangere no: la “tecnica letteraria della commozione” era decisamente off limits. Oggi però siamo in un secolo diverso e le proscrizioni del passato stanno cadendo una a una. Un po’ mi dispiace, da nostalgico, ma di tutte le prescrizioni che potevano cadere questa per me è quella che lo merita più di tutte.

E a proposito di commozione l’altra cosa che mi colpisce nel Booktok e il feticismo del libro fisico, cartaceo. Di fronte al luogo comune tecnofilo per cui solo il testo conta e il supporto è indifferente (ovvero, Marshall McLuhan è vissuto invano) e anzi quello digitale è più conveniente o soprattutto moderno, le booktoker spacchettano (unboxano?) libri rigorosamente cartacei con le loro belle copertine colorate, belle sul serio da quando, proprio per reagire alla sfida dell’ebook gli editori, in America e altrove, sono tornati a curare la qualità dell’oggetto fisico e pure con discreto successo, poiché la quota di mercato degli ebook, dopo una crescita tumultuosa, si è bloccata e il buon vecchio libro cartaceo resta la forma dominante anche per i lettori più giovani. Se è vero che nel nuovo paesaggio mediatico dominato dal digitale il libro deve adattarsi a una nuova posizione, meno centrale ma sempre importante, pare che la sua arma migliore sia la sua tradizionale fisicità.

Da una parte c’è la sacralità del Libro, questa forma perfetta e assestata da secoli, già come codex manoscritto e pure in seguito come libro stampato, che ‘è stato per generazioni e generazioni di fedeli, prima di tutto un arredo liturgico, fascinoso e tremendo come i reliquari, i calici e i cibori’, come ci ricorda Guido Vitiello nel recente Il lettore nel lettino (Einaudi, 2021), e che anche laicizzato impressionava il piccolo Jean Paul Sartre di fronte alla libreria del nonno: "Non sapevo ancora leggere, ma già le riverivo queste pietre fitte: ritte o inclinate, strette come mattoni sui ripiani della libreria o nobilmente spaziate in viali di menhir".

Dall’altra la scienza, dove pare accertato che se la mettiamo sull’emotivo non c’è paragone: la fisicità del libro è fondamentale, specie per quanto riguarda "la componente più squisitamente esperienziale, emotiva della lettura", e questo grazie alla multisensorialità, "ovvero l’integrazione degli stimoli provenienti dai diversi sensi. Si legge certamente con gli occhi, ma non soltanto con essi" e dove l’impiego di più sensi "integra e arricchisce la comprensione del testo in senso stretto. Questo genera tipicamente la sensazione di vivere un’esperienza più completa, più vicina alla vita reale nel mondo fisico, dove in ogni momento i cinque sensi lavorano insieme e integrano informazioni diverse, ma riferite agli stessi oggetti, alle stesse sensazioni" (Neuropsicologia della lettura di Davide Crepaldi, Carrocci 2020).

Insomma, stabilito che il libro può prosperare nell’improbabile contesto di quello che pareva il social più silly di tutti, quello dei balletti; stabilito che lacrime e singhiozzi piantano l’ennesimo chiodo nella bara dell’ecosistema libresco del Novecento; stabilito che, per quanto incredibile, il fenomeno per ora pare proprio essere nato dal basso; stabilito che per i giovani e probabilmente non solo i giovani l’arte come consapevolezza e difesa dalla violenza della vita ha ancora un suo perché con i loro libri giusti che però si devono trovare da soli e non suggeriti dalla chiacchiera letteraria e pubblicitaria; stabilite tutte queste belle cose la domanda che resta per me è: perché vengono promossi libri, a giudicare dalla Canzone di Achille, non solo buoni (niente autobiografie di Youtuber, per dire) ma anche vecchi, recuperati dalle liste di best seller di qualche anno fa? Perché la retromania impera? Forse perché il bisogno di novità a getto continuo era più un bisogno del Novecento mentre oggi si preferisce il repertorio e il remake? Just thinking aloud, actually.

Achille che benda Patroclo.

Achille che benda Patroclo.


CS -
Mentre parliamo sono successe cose interessanti nel mondo del “booktok” intanto alcune librerie del settentrione hanno esposto nelle loro vetrine dei libri con un cartello dalla dicitura “consigliati dal booktok”, cosa che non avevo mai visto per nessun altro social. In sintesi nessuno sta premiando un influencer con un cartello ma si va a sottolineare l'importanza di TikTok in quanto piattaforma per la condivisione delle esperienze. Nello stesso momento Jovanotti ha fatto un video su TikTok mentre fa vedere Verso il paradiso il nuovo romanzo di Hanya Yanagihara, l'autrice diventata famosa con il bestseller Una vita come tante. Cosa voglio dire? Che questo social è pulsante, è un ecosistema incontrollabile di input e cortocircuiti a base algoritmica che possono rendere virale qualsiasi cosa a volte senza un vero criterio meritocratico, ma il bello è proprio questo. TikTok premia l'appeal (inspiegabile) di alcuni contenuti e non possiamo farci niente.

Per rispondere alla tua ultima domanda ammetto di aver indagato molto. Mi sono confrontato con molte persone e utenti di TikTok e sono giunto a una considerazione meno impattante delle tue istanze esposte eppure più antropocentrica invece di qualsiasi sofismo. Credo che ognuno di noi sia sotto l'effetto di parametri distorcenti e questa percezione distorta ci fa meravigliare che alcune cose del passato tornino casualmente di moda proprio oggi. Mi sono permesso di analizzare il fenomeno ed ecco alcune considerazioni che possono fornire una visione complementare. Intanto rispondiamo per gradi, perché qualcosa diventa famoso/virale? Come accennavo prima basta un video semplice e si può raggiungere un milione di visualizzazioni ma ciò non basta, il video sarà certamente virale ma non raggiungerà mai una importanza così sistematica da diventare invasivo, che cosa serve allora? L'emulazione, la ricondivisione, la parodia, il remake e la riproposizione del medesimo contenuto da parte di altri utenti fino a generare un vero trend verticale e che trascende la lingua, la cultura e la sensibilità di ognuno. Un esempio sono i video divertenti o con animali. Ma con i libri? E il fattore retromania? Procediamo.

La Canzone di Achille viene pubblicato rispettivamente nel 2011 in America e nel 2013 in Italia e diventa un caso editoriale durante il biennio pandemico in Italia e con la nostra percezione distorta pensiamo che ci sia una retromania, e invece no. TikTok diventa ciò che è intorno al 2018 e in esso confluisce un'utenza che non sapeva esprimersi su social come Facebook, Twitter o Instagram. Parlo di giovanissimi che potevano essere preadolescenti o quasi. Questa utenza si trova tra le mani uno strumento comunicativo costruito sull'emotività e in esso trovano spazio per agire e FINALMENTE senza sentirsi giudicati possono parlare dei loro libri preferiti e così La Canzone di Achille diventa protagonista. Nel frattempo, intorno al 2018, in Italia c'è una grande diffidenza per TikTok vista come piattaforma per balletti infantili e il discorso finisce qui.

Intanto però l'utenza totale di TikTok aumenta vertiginosamente e si fa multietnica dando sempre più spazio anche ai paesi anglosassoni oltre che asiatici e infine i video americani diventano virali in Italia la quale intorno il 2019/2020 diventa ricettiva agli stimoli e il tutto diventa un mega-trend. La canzone di Achille ha una popolarità fisiologica e non da retromania, era un libro famoso in patria e per esterofilia e viralità intrinseca ha contagiato l'Europa nel tempo.

Allo stesso modo succede con i classici, l'adolescenza (statisticamente soprattutto per il pubblico femminile) è il periodo in cui si approcciano i primi classici così il lettore può confrontarsi con mondi diversi e scoprire lati di se stesso. Ecco perché Via col vento, Cime Tempestose, Sherlock Holmes sono titoli che possono comparire nel feed di TikTok perché sono le letture standard delle lettrici adolescenti e che rendono virali con i loro video. Come dicevo siamo vittime di diverse concezioni distorte, sopratutto la retromania.

Non c'è un sentimento, una forma mentis, una filosofia della riscoperta; bensì esiste un flusso che ci investe da un “momento 0” e fisiologicamente diventa globale e in esso veniamo risucchiati. Succede anche con la musica, una persona fa una gag comica e per caso usa come canzone di sottofondo Pino Daniele? È probabile che in un mese TikTok sia popolata da dodicenni estimatori del cantante napoletano. Ciò è spiegabile attraverso la memetica, lo studio pseudo-formale e dell'evoluzione dei meme. In sintesi una canzone-personaggio-contenuto può essere estrapolato dal suo contesto di riferimento e diventare un meme e nel meme stesso risiede una certa dose di sacralità. Per esempio, una canzone vecchia e popolare russa è stata usata una volta da un uomo che mangiava cibo caldissimo e poi ballava a ritmo. Dopo pochi giorni tutto il mondo ballava mangiando cibo bollente con in sottofondo la canzone russa. In quel caso l'uomo è diventato un meme e la canzone è colonna sonora di quel fenomeno mediatico. E così via. I libri possono diventare anch'essi dei meme, succede di frequente con i romance o i fantasy per ragazzi poiché al loro interno succedono cose surreali e divertenti che permettono di “memare” l'autore. I processi di viralità sono molteplici e forse dobbiamo metterci l'anima in pace che non c'è una spiegazione organica tutto e che spesso siamo refrattari alla semplicità per colpa di specchi distorcenti. Spesso, o sempre, molte cose succedono per caso e il bello di Tiktok è proprio questo.

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(1962) ha pubblicato i romanzi Fight Night (Bompiani, 2014) e Il Gran Bazar del XX secolo (Aguaplano, 2019), e il racconto lungo 1958. Una storia dell'Età Atomica (Intermezzzi, 2018). Ha contribuito al romanzo collettivo TINA. Storie della Grande Estinzione (Aguaplano, 2020) e all'antologia di fantascienza NeXT-Streams. Visioni di realtà contigue (Kipple, 2018). Vive a Genova dove lavora come bibliotecario.

Cristiano Saccoccia

(1993) è laureato in storia all’Università degli Studi di Macerata è specializzato nella letteratura dell’immaginario e nella global history. Scrive per le riviste ClassiCult, Molotov, Satisfiction, N3rdcore, Staynerd e Hyperborea. Collabora con diversi editori indipendenti.

Pubblicato:
15-02-2022
Ultima modifica:
17-02-2022
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