Il valore del tempo nell’educazione - Singola | Storie di scenari e orizzonti
Foto di classe, Italia (anni 70-80)
Foto di classe, Italia (anni 70-80) | Copyright: Enrico Matteucci / Flickr

Il valore del tempo nell’educazione

Il tempo necessario all'apprendimento. La pazienza di saper attendere che la conoscenza venga assimilata e non delegata agli strumenti digitali. Un dialogo sul concetto di accelerazione con Gilles Vernet, regista di Tout s'accélère.

Foto di classe, Italia (anni 70-80) | Copyright: Enrico Matteucci / Flickr
Intervista a Gilles Vernet
di Davide Mazzocco
Gilles Vernet

(1968) è insegnante, sceneggiatore, regista, scrittore e docente. È noto soprattutto per aver dato risonanza cinematografica al concetto di accelerazione del filosofo Hartmut Rosa nel suo film Tout s'accélère (2016).

Davide Mazzocco

è giornalista, autore di documentari, si occupa da anni di ambiente, cultura e comunicazione per il web e per la carta stampata. Ha all’attivo una quindicina di pubblicazioni fra cui Giornalismo online (2014), Propaganda pop (2016), Cronofagia (2019), Novecento lusitano (2019), Geomanzia (2021) e La mente è un luogo appartato (2022).

Dopo anni spesi nel mondo della finanza, raggiunto dalla notizia della malattia della madre, Gilles Vernet ha deciso di non seguire più i ritmi imposti dalla propria professione. Dopo avere compreso quanto sia distorta la relazione che gli individui instaurano con il tempo e come le spietate leggi del mercato impongano ritmi assolutamente innaturali agli individui, Vernet ha deciso di rallentare, di mettere in atto il cosiddetto downshifting, un “cambio di marcia” nella direzione di una decelerazione del ritmo di vita.

Al centro di questa rivoluzione personale – raccontata nel documentario Tout s’accélère e in alcuni libri, fra cui il recente Tout l’or du monde – vi è l’insegnamento. Nella quotidianità del suo lavoro di insegnante di scuola primaria, Vernet ha constatato quanto sia importante ragionare sul tempo dell’educazione, sulla soggettività dei ritmi di apprendimento e sulle strategie in grado di mantenere alta l’attenzione degli allievi. Lo abbiamo intervistato per indagare il valore del tempo nell’educazione.



Davide Mazzocco - Dai primi anni di vita fino ai percorsi universitari, l'educazione è contraddistinta da un eccesso di competizione e da una ipervalutazione delle attività didattiche. Come questi due aspetti si riflettono negativamente nella dimensione temporale dell'insegnamento?

Gilles Vernet - È una delle grandi questioni che mi pongo. Da studente ho frequentato un liceo ipercompetitivo e questa esperienza, all’età di 15 anni, mi ha causato una depressione. L’adattamento a questa scuola è stato molto difficile, ma mi ha fornito una capacità di lavoro molto solida che mi porto appresso ancora oggi. Quello che comprendo oggi, come insegnante di bambini di circa dieci anni, è che vi è una grande pressione da parte dei programmi. Si tratta di una ‘pressione temporale’ molto forte. Se si procede al ritmo dei migliori, si lascia indietro una gran parte della classe. Se, al contrario, ci si sincronizza sul ritmo dei più deboli, si penalizzano i migliori. Io cerco di portare avanti dei progetti ambiziosi, perché ho notato che un progetto ambizioso spinge gli allievi più deboli a raggiungere un livello più elevato. Bisogna andarli a ‘cercare’ e spingerli ad abituarsi a un certo tipo di lavoro.


DM - Perché il tempo è fondamentale per l'apprendimento di un bambino?

GV - La prima cosa è la ripetizione. Per ripetere ci vuole tempo. È spiacevole quando un alunno non riesce a comprendere e pertanto bisogna avere tempo per spiegare più volte le cose. Nell’omogeneità della classe e soprattutto per i più deboli il sistema di apprendimento è molto ‘poroso’, bisogna avere il tempo per aiutare in maniera specifica gli alunni che ne hanno più bisogno. Riuscire a fare questo è importante perché solo così si possono conoscere gli alunni. Il tempo è assolutamente primordiale, occorre lasciare tempo al tempo. Non tutti gli alunni hanno le stesse tempistiche. Voler imporre un’eccessiva velocità e rapidità genera una sofferenza.


DM - Come è possibile trovare una "velocità" dell'insegnamento mediana che non rallenti gli alunni più intraprendenti e non lasci indietro coloro che hanno bisogno di tempi più lunghi?

GV - Prima di tutto è necessario prolungare il tempo nel quale li si accompagna durante gli esercizi. È molto importante alternare i ritmi: in un momento si lavora, in un altro si ascolta una canzone, si legge un fumetto o si racconta una storia. Io utilizzo soprattutto la musica. Un’altra pratica che ho introdotto all’inizio della lezione è quella della respirazione cosciente. Tutte le mattine, attraverso questo esercizio, si crea una simbiosi temporale. Molti alunni stanno tanto tempo davanti agli schermi o vivono situazioni emozionali difficili e il fatto di fare questo esercizio di respirazione tutti insieme è un’ottima soluzione per raggiungere il diapason all’inizio della giornata. Questo è un punto fondamentale perché permette, grazie a questa sospensione, di apprezzare maggiormente il valore del tempo. Per tre minuti si respira e non si fa altro. Un esercizio molto simile è il canto che permette di fare una pausa e riprendere successivamente, con maggiore energia, le attività che richiedono concentrazione. Perché oltre al tempo, il grande problema da affrontare nell’educazione è quello della concentrazione.

Foto di classe, Francia, 1968.

Foto di classe, Francia, 1968. | Francis Montignon / Flickr

DM - Al di là delle scelte didattiche alternative dei singoli, quali sono le responsabilità della politica in questa rivoluzione dell’educazione? Esistono esempi virtuosi di "rallentamento" nelle scuole francesi o di altri Paesi europei?

GV - La Francia è conosciuta per avere un sistema scolastico molto elitista. Mediamente vengono formati giovani molto deboli in matematica, ma paradossalmente abbiamo i migliori matematici del mondo. Quel che succede è che il sistema seleziona i migliori e indirizza gli altri verso vie alternative, senza dare loro un livello minimo di istruzione. Il sistema scolastico è difficile da riformare, perché molto dipende dai professori che si hanno. In Inghilterra, per esempio, si segue un programma ben preciso, cosa che secondo me non è buona, perché genera un insegnamento pieno di stereotipi e impedisce ai docenti di insegnare ciò che amano. In Francia l’insegnamento è totalmente dipendente dai professori. Se il professore viene lasciato libero può orientare il proprio insegnamento verso le proprie passioni e le cose che ama. Io, per esempio, credo molto in un’introduzione alla filosofia fatta con i bambini, vale a dire a una riflessione sulle grandi domande della vita e, come ho detto, credo nella respirazione e nella meditazione. C’è poi la questione delle classi-mammut… Uno degli aspetti più positivi delle ultime riforme è stata la riduzione del numero di allievi per classe a 10, 12, massimo 15 alunni. Non ho un’opinione politica ferma, ma quello che posso dire è che gli insegnanti sono poco pagati e, molto spesso, poco qualificati. Un Paese che non ha insegnanti in grado di trasmettere agli studenti una formazione di qualità ha un problema da risolvere.


DM - Quali sono le principali cause della progressiva diminuzione della capacità d’attenzione? E quali pensa possano essere gli effetti a lungo termine della sostituzione dell’attività mnemonica con i motori di ricerca?

GV - Sicuramente c’è stata una moltiplicazione dell’utilizzo degli schermi, tablet e smartphone su tutti. È un fenomeno che interessa tanto gli adulti, quanto bambini e adolescenti. C’è il dramma del confinamento e della politica sanitaria che costringe le persone a stare in casa propria. I bambini non hanno più relazioni sociali e utilizzano la Rete molto presto, intorno ai sette-otto anni. Presi in un contesto di crescita esponenziale dei messaggi, partecipano a gruppi con trenta persone, ognuno invia i propri messaggi e ciò che accade è che devono controllare, senza tregua, il loro device. Questo provoca delle dipendenze, il desiderio di ottenere dei like e di essere costantemente in comunicazione con gli altri. Le conseguenze del crescente utilizzo dei device sono la caduta vertiginosa del vocabolario e della lettura nei primi anni di vita. Nella competizione fra la Rete e i libri, la prima vince. Qui entra in gioco l’educazione dei genitori. Occorre spiegare ai genitori, in maniera molto precisa, a che punto vi è una correlazione fra l’esposizione agli schermi e il livello dei singoli. I genitori di tutti i miei migliori alunni limitano il loro utilizzo dei device e fanno in modo che si dedichino ad altre attività.
Per quanto riguarda la memoria quello che viene a mancare è lo sforzo. Lo sforzo di cercare una parola, lo sforzo di ricordare, di trovare la soluzione di un problema di matematica. Perché fare un sforzo quando tutto può essere trovato rapidamente su Internet? L’educazione dei genitori deve essere molto ferma e chiara, con consigli precisi sull’utilizzo degli schermi e non solo ai bambini. 

Foto di classe, USA, anni '80.

Foto di classe, USA, anni '80. | Matt Day / Flickr


DM - Nell’ultimo anno, a causa della pandemia, moltissimi Paesi hanno adottato la Didattica a Distanza. Per la maggior parte degli insegnanti e degli studenti si è trattato di un cambiamento repentino e radicale. Secondo lei, quali sono stati gli effetti sui tempi dell’educazione e sui ritmi dell’apprendimento?

GV - Quello che accade con la Didattica a Distanza è simile a ciò che avviene con l’home working per gli adulti: non ci sono più confini fra la vita privata e la vita di studenti. Tutto si mescola. Anch’io ho dovuto tenere delle lezioni a distanza, ma quando la situazione sanitaria lo ha consentito sono tornato in presenza. Posso dire solo una parola: incomparabile. Tutta la comunicazione non verbale sparisce, tutto quello che hai appreso sui tuoi studenti è perso, tutta la dimensione affettiva ed emozionale che è decisiva nella trasmissione del sapere non esiste più, così come la possibilità di sostenere l’alunno in difficoltà e gratificare quello che ha svolto bene un compito.
Dal punto di vista pedagogico, invece, la Didattica a Distanza è un buon strumento di integrazione. Se ci sono dei corsi che vengono riproposti su Internet o se ci sono dei contenuti della Rete che possono consentire un approfondimento di quanto è stato fatto durante le lezioni, questa modalità può risultare molto interessante. Ma ciò che le attività scolastiche in presenza possono dare non può essere sostituito.


DM - Il ruolo di “palestra” della socialità e della democrazia viene meno in una Didattica a Distanza che vede insegnanti e studenti isolati nelle proprie camere. Quali sono le principali criticità nella relazione docente-allievo, ma anche nella costruzione del gruppo-classe?

GV - La più grande difficoltà nella creazione del gruppo-classe è l’eterogeneità degli studenti: alcuni hanno già dimestichezza con le tecnologie utilizzate, mentre per altri non è così facile passare alla modalità a distanza. Alcuni alunni sono diventati più forti perché hanno avuto accanto a loro i genitori ad aiutarli durante il confinamento. I genitori hanno apportato il loro sapere e questi studenti hanno rafforzato la loro cultura. Molti altri risultano evidentemente sfavoriti: non esiste la disciplina al momento di connettersi per seguire i corsi, né quella per lavorare regolarmente, non c’è connessione stabile…. È l’ineguaglianza più totale. Naturalmente si perde anche il gruppo classe, questo perché i bambini e i ragazzi trasferiscono la comunicazione sulla Rete e sui social, luoghi che molto spesso accentuano i conflitti invece di generare coesione fra le persone. 

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Questo articolo è parte della serie:  Sapere futuro
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#3 Attenzione!
Gilles Vernet

(1968) è insegnante, sceneggiatore, regista, scrittore e docente. È noto soprattutto per aver dato risonanza cinematografica al concetto di accelerazione del filosofo Hartmut Rosa nel suo film Tout s'accélère (2016).

Davide Mazzocco

è giornalista, autore di documentari, si occupa da anni di ambiente, cultura e comunicazione per il web e per la carta stampata. Ha all’attivo una quindicina di pubblicazioni fra cui Giornalismo online (2014), Propaganda pop (2016), Cronofagia (2019), Novecento lusitano (2019), Geomanzia (2021) e La mente è un luogo appartato (2022).

Pubblicato:
12-04-2021
Ultima modifica:
08-06-2021
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