Lo strappo - Singola | Storie di scenari e orizzonti
American flag
American flag | Copyright: DaxtonPhotography / Flickr

Lo strappo

Da tempo negli USA si parla sempre più apertamente di futura guerra civile, scenario per il momento ancora remoto, ma non da escludere del tutto. Qualche anticipazione.

American flag | Copyright: DaxtonPhotography / Flickr
Alessandro Leonardi

è giornalista pubblicista, speaker radiofonico e autore di analisi sul sistema industriale-tecnologico. Si occupa di evoluzioni e crisi dei modelli di sviluppo, con al centro la crisi climatica e i piani di mitigazione/adattamento connessi con la geopolitica e la macroeconomia. Scrive su varie testate nazionali.

La deriva statunitense

Nonostante sia passato oltre un mese dal 5 novembre 2024, il nuovo presidente degli Stati Uniti rimane un mistero. Contestazioni in vari Stati federali e massicce violenze di piazza hanno determinato uno stallo mai visto prima nella Repubblica americana, mentre i due candidati si sono accusati a vicenda di brogli. Verso metà dicembre, durante un comizio in Florida, il candidato repubblicano è stato assassinato da un fanatico armato di fucile da cecchino. Nel giro di 48 ore sono dilagate proteste armate in tutto in Paese mentre i network repubblicani più estremisti hanno accusato il Partito Democratico di aver complottato per assassinare il loro presidente. A Washington D.C. diverse milizie paramilitari stanno assediando il Congresso con scontri sempre più violenti fra le opposte fazioni politiche. La guardia nazionale dislocata nella capitale ha minacciato di aprire il fuoco. Il Paese sull'orlo del caos guarda verso i militari...

Se qualcuno avesse proposto nei primi anni '90 uno scenario del genere avrebbe suscitato sicuramente le risate di tutti gli osservatori internazionali. Ma 30 anni dopo la situazione è radicalmente cambiata, tanto che all'inizio del 2022 molteplici network radiofonici, podcast, tv e giornali hanno lanciato l'allarme rosso sullo stato del Paese. Addirittura uno dei più potenti miliardari americani ha ipotizzato che vi è ormai il 30% di chance di avere una guerra civile entro 10/15 anni.

L'aumento delle tensioni razziali ed etniche coniugate con disuguaglianze enormi, l'azione di élite sempre più aggressive in un sistema istituzionale polarizzato e conteso, oltre che la moltiplicazione delle milizie paramilitari in una situazione di estesa frammentazione sociale, hanno reso da tempo gli Stati Uniti una nazione instabile dove la pacifica transizione dei poteri potrebbe non essere più garantita. Da qui il timore sempre più pervasivo che gli USA sprofondino in un conflitto civile dalle conseguenze imprevedibili e spaventose. Uno scenario poco esplorato che presenta tantissime sfumature e diversi gradi di intensità e pericolo.

 

Dall'ipotesi “Anni di piombo” alla torsione autoritaria

Secondo gli accademici con il termine di “guerra civile” si designa un conflitto violento fra gruppi organizzati e armati all'interno di una singola nazione, con almeno 1000 vittime. Un evento piuttosto raro nel mondo e praticamente sconosciuto nelle democrazie avanzate, tanto da rendere scettici diversi analisti sulla possibilità di vedere uno scenario simile negli USA. Ma se da una parte molti escludono un ritorno alla “Guerra di secessione” o una conflitto civile su larga scala, dall'altra le preoccupazioni si concentrano su diversi scenari ritenuti più probabili, a partire dall'aumento del terrorismo interno fino all'emergere di un nuovo autoritarismo con conseguente fine della democrazia americana.

Qualche giornalista ha avanzato l'ipotesi che nei prossimi anni la società statunitense potrebbe avere i suoi “Anni di piombo”; ovvero un forte periodo di scontri sociali, terrorismo, opposti estremismi e persistente destabilizzazione politica, come avvenuto in Italia negli anni '70. Questa comparazione, a cui si affianca anche quella del conflitto nord-irlandese, viene ritenuta probabile in base agli avvenimenti degli ultimi anni, fra attacchi terroristici domestici portati da “lupi solitari” o piani di assalto alle istituzioni come quello progettato in Michigan, l'emersione di milizie paramilitari politicizzate e un clima di fortissima polarizzazione culturale/sociale. Le possibilità sono concrete, anche se il paragone con le vicende del nostro passato appare forzato.

Durante la Guerra Fredda la nazione italiana era al centro di numerosi intrecci geopolitici con profonde faide ideologiche e sociali, su cui agivano opposti estremismi e apparati statali deviati. Negli Stati Uniti nessun apparato per il momento sembra voler alimentare una sequenza di stragi e omicidi mirati, e non sono presenti “strategie della tensione” alimentate da Potenze straniere, a meno di considerare i cyber-attacchi russi in tal senso. Le stessa cornice ideologica è profondamente diversa, per ovvie questioni storiche, culturali e politiche.

Sicuramente un'ulteriore politicizzazione estrema potrebbe portare al futuro supporto di azioni eversive, cosa da non escludere vedendo l'infiltrazione degli estremisti nelle forze locali. Inoltre singoli o piccoli gruppi di insorti potrebbero essere spinti ad agire grazie al supporto di certe fazioni politiche e un clima culturale “positivo” all'uso della forza. Le ultime decisioni del Partito Repubblicano riguardo proprio l'assalto al Congresso americano sembrano delineare una strada del genere, con la subdola legittimazione di certe azioni giudicate dalla controparte come atti di terrorismo.

Fra tutti gli scenari possibili rimane uno dei più probabili, anche se in tal caso va ribadito che la storia americana ha sempre visto numerosi episodi di violenza interna e profonde divisioni mai sanate del tutto, senza sfociare necessariamente in un conflitto a bassa intensità.


L'altro grande timore si concentra sull'emersione di una “democratura” simil-ungherese o addirittura una forte svolta autoritaria di estrema destra. Se da una parte le elezioni potrebbero trasformarsi in una farsa dove a vincere, grazie a trucchi interni, è sempre e solo una fazione al potere, dall'altra parte la profonda insoddisfazione di certi strati politici-culturali potrebbe spingerli ad abbracciare una torsione autoritaria in grado di riportare l'ordine o ripristinare l'antica visione di una certa America.

Già nel 2020 diversi membri del governo avevano invocato l'uso dell'esercito per reprimere le manifestazioni, nonostante l'opposizione e il grande imbarazzo dei vertici militari, così come più volte l'amministrazione Trump aveva fatto molteplici pressioni per invalidare il voto presidenziale dopo la sconfitta alle elezioni di novembre. Se da una parte la disorganizzazione, il fermo rifiuto di certi politici e militari, oltre che la cialtroneria dei vertici ha impedito il collasso della democrazia americana, in futuro qualcuno meglio organizzato e più capace potrebbe prevalere.

Una svolta autoritaria portata al centro del perno democratico occidentale determinerebbe un enorme effetto a cascata sul resto delle liberal-democrazie nel mondo, specialmente in Europa. Addirittura potrebbe segnare la fine della democrazia così come la conosciamo, lasciando spazio ad una sorta di tecno-populismo dal feroce controllo tecnologico e un dirigismo istituzionale più pervasivo che potrebbe fare scuola in varie nazioni.

Oltre a questi due scenari, qualcuno ha provato a proporre la possibilità di una nuova secessione fra Stati repubblicani e Stati democratici. Una possibilità avanzata anche da qualche politico estremista. Nel caso più fortunato sarebbe una separazione consensuale, anche se nella Costituzione americana questa possibilità non è minimamente considerata. Risulta anche difficile pensare che i repubblicani residenti negli Stati pro-democratici potrebbero accettare volentieri la costruzione di enclavi statali ostili ai loro interessi. Così viceversa per i democratici residenti nella Bible Belt o negli Stati centrali. Una separazione non consensuale, con scontri fra governo federale e Stati ribelli, o scontri interni con più fazioni, potrebbe essere invece il preludio ad una guerra civile su larga scala. Lo scenario più drammatico e pericoloso.


L'ipotesi “siriana”

Immaginare di vedere i carri armati a New York, il bombardamento di Los Angeles da parte di truppe ribelli o la proclamazione contemporanea di tre presidenti riecheggia veramente uno scenario distopico ed estremo, ma paradossalmente non troppo da escluderlo. Tanto che uno scrittore americano, Stephen Marche, recentemente ha scritto un saggio su come potrebbe scoppiare la guerra civile all'interno degli Stati Uniti delineando cinque ipotesi: uno scontro fra milizie e governo federale, l'assassinio del presidente, un mega-uragano che devasta New York causando un deriva politica ed economica, una bomba sporca al Congresso, oppure la separazione degli USA in quattro nuove entità politiche. Ipotesi futuristiche da far pensare alla guerra civile siriana, seppure con le dovute e notevoli differenze.

Ma per quante milizie possano esserci, per quante armi siano presenti nella nazione, per quanti scontri o attentati possano avvenire, per giungere ad una tale deriva sarebbe necessario l'intervento diretto delle istituzioni e degli apparati di sicurezza: forze armate, FBI, servizi di intelligence, polizia locale e guardia nazionale. I detentori del monopolio della forza per ovvi motivi sono l'elemento determinante e decisivo in un momento di fortissima tensione, che sia un golpe o la possibilità di un collasso istituzionale.

Guardando alla situazione odierna per il momento si può escludere tranquillamente questa deriva, anche se gli eventi del 2020 hanno mostrato dei segnali inquietanti, specialmente quando i capi di stato maggiore hanno dovuto ribadire, tramite una lettera pubblica, l'assoluta apoliticità dell'esercito.  Un'ovvietà per qualsiasi democrazia in tempi normali, ma per niente scontata in futuro. Da tempo infatti sta avvenendo una politicizzazione anche all'interno delle forze armate, con polarizzazioni crescenti, commistioni fra ruoli diversi e scontri a più livelli. 

In un ipotetico scenario di stallo elettorale, con il conseguente dilagare degli scontri nel Paese, diversi leader potrebbero essere tentati di usare le forze armate per gestire il caos e in tal caso il dispiegamento dell'esercito aumenterebbe nettamente le possibilità di una guerra civile su larga scala o la sospensione della democrazia.

Ma in uno scenario ancora più balcanizzato gli stessi apparati di sicurezza potrebbero entrare in conflitto fra di loro: ufficiali filo-repubblicani contro ufficiali filo-democratici, scontri settari nella CIA, nell'FBI, etc, disgregamento delle istituzioni e creazione di multipli schieramenti in guerra.

Questo sarebbe lo scenario più estremo, perché il disgregarsi dello Stato federale non porterebbe ad un conflitto fra due grosse fazioni, come nella precedente guerra civile fra Confederati e Unionisti, ma ad un mosaico simile al conflitto siriano, con scontri ovunque in gran parte della nazione senza un fronte chiaro e preciso. La presenza contemporanea dell'esercito più potente del mondo con centinaia di milizie paramilitari e una popolazione dotata di 19,8 milioni di fucili semi-automatici e oltre 430 milioni di armi in totale, pone il potenziale per conflitti settari e molecolari di lunga durata. Le grandi città, così come le maggiori zone industriali, diventerebbero immediatamente campi di battaglia per assicurarsi il controllo delle aree chiave, a partire dalle basi militari (la base navale di Norfolk per esempio) e dai principali snodi logistici/portuali (come il porto di Los Angeles). Nel frattempo una buona fetta delle élite americane legate a Wall Street e alla Silicon Valley fuggirebbero in Europa o in Nuova Zelanda, finanziando dall'esterno le fazioni in campo, soprattutto quelle filo-democratiche. Mentre le fazioni repubblicane più estreme o nazionaliste potrebbero contare sicuramente sulla maggior parte delle milizie paramilitari e sul possibile controllo di alcuni Stati energicamente strategici come il Texas (negli ultimi anni elettoralmente sempre più conteso). 


Shock globale

Una guerra civile su larga scala negli Stati Uniti rappresenterebbe automaticamente la fine dell'Occidente e uno spartiacque della Modernità. Non solo per il rischio di avere un conflitto con milioni e milioni di morti, ma anche per i suoi effetti sull'intero pianeta. Sicuramente all'inizio il panico dilagherebbe in tutto l'ordine internazionale, con una crisi economica-finanziaria da far impallidire quella del 1929 e un effetto a cascata geopolitico dagli esiti assolutamente imprevedibili. Le nazioni europee, prive della guida statunitense con però basi e truppe americane sul proprio suolo, si troverebbero a prendere fin da subito decisioni drammatiche a seconda dell'evoluzione del conflitto e delle fazioni presenti in campo. L'Italia stessa sarebbe al centro di questo rapido cambiamento dovendo gestire i rapporti con gli ufficiali/soldati americani presenti nelle molteplici basi e le bombe atomiche a doppia-chiave dislocate ad Aviano e a Ghedi.

Le prime decisioni ovviamente andrebbero al pericolo numero 1: l'arsenale nucleare. Da quando le armi di distruzione di massa sono apparse al mondo, non è mai scoppiato un conflitto all'interno degli Stati che le possiedono. Una guerra civile americana vedrebbe quindi lo svilupparsi di uno scenario nuovo, ignoto, in cui molteplici forze si contendono il controllo di migliaia di testate nucleari. Uno scenario da incubo che potrebbe spingere varie Potenze straniere ad intervenire nel conflitto per limitare i danni o per guadagnare dei vantaggi strategici, a partire proprio dalla Cina. Al contrario di quel che comunemente si pensa, la Potenza asiatica non sarebbero affatto contenta di avere gli USA al completo collasso, con pure la possibilità di vedere diverse bombe atomiche finire in mano a fanatici o terroristi di varia natura. Tanto che uno dei massimi vertici cinesi aveva manifestato profonde paure all'omologo americano durante le tensioni del 2020.

Con il prolungarsi del conflitto potrebbero però crearsi delle condizioni per una limitata spedizione militare europea (a guida francese e/o inglese), sempre che non siano scoppiati altri conflitti altrove; la Cina potrebbe invadere Taiwan o sostituire definitivamente gli USA come perno del nuovo ordine globale, quantomeno in Asia, mentre la Russia, a seconda dell'andamento dell'invasione condotta in Ucraina, potrebbe decidere di ingaggiare un ulteriore confronto nell'est europeo approfittando del disordine in corso. A quel punto gli europei occidentali si troverebbero schiacciati fra l'ex Potenza americana nel caos e i Paesi dell'Est Europa, baltici compresi, in lotta contro il revanscismo russo e probabilmente uniti sotto una nuova alleanza militare d'emergenza. Rimane ovviamente incerto e assolutamente non prevedibile il destino dell'Unione Europea,  con la NATO definitivamente defunta.

Altre nazioni, quali Iran, Turchia, India, Pakistan, Israele, etc, potrebbero inseguire nuovi scopi e mosse aggressive, all'insegna del “tana libera tutti”. Sicuramente i due Paesi confinanti gli USA, Canada e Messico, si ritroverebbero in prima linea nel gestire il dramma umanitario e le conseguenze geopolitiche/economiche del loro principale alleato e mercato di sbocco. Il Canada verrebbe sicuramente investito da un'ondata enorme di profughi, mentre il Messico, già dilaniato dalla guerre dei Narcos, potrebbe al massimo tentare di creare delle zone di sicurezza negli Stati americani con maggiore presenza di latinos. Qualsiasi spedizione militare negli USA però avrebbe un pericoloso limite: confrontarsi con fazioni ostili dotate molto probabilmente di armi nucleari o quantomeno di bombe sporche (non è detto che l'arsenale cadi intatto nelle mani di questa o quella fazione, considerate le complicate procedure per il lancio dei missili o l'attivazione delle bombe).

Stiamo parlando letteralmente di uno scenario estremo, non prevedibile, a dir poco epocale. Un rivolgimento e un salto nel buio pari alle Guerre Mondiali.

 

Improbabile?

Nonostante gli allarmi e le legittime paure per i trend in corso, rimane abbastanza improbabile un collasso della Superpotenza americana per questioni interne, a meno di un'accelerazione del piano inclinato a causa di ulteriori crisi (destabilizzazioni economiche, geopolitiche, climatiche e sociali). Chi ha vissuto l'esperienza di conflitti settari, come quello nord-irlandese, per il momento cerca di ridimensionare la minaccia di una guerra civile su larga scala contestando le analisi di alcuni allarmisti, le quali potrebbero distrarre la società civile dal riparare la disfunzionale democrazia americana. Altri ritengono che le probabilità sono ancora molto basse e che per il momento mancano alcuni presupposti base per innescare violenze su larga scala.

Sicuramente dall'assalto al Campidoglio nel 2021, dagli eventi politici degli ultimi anni, connessi all'aumento di fratture e tensioni nella società americana, c'è qualcuno là fuori dotato di lucida visione politica e con sufficienti conoscenze all'interno del potere americano, che sta elaborando ulteriori strategie al di fuori della normale dialettica democratica. Che sta in un certo senso “imparando”. Forse sono più persone contemporaneamente. Nel caso l'improbabile dramma dovesse diventare realtà, saranno loro fare la Storia andando oltre le norme stabilite più di 200 anni fa.

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USA - 2021-2022
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Alessandro Leonardi

è giornalista pubblicista, speaker radiofonico e autore di analisi sul sistema industriale-tecnologico. Si occupa di evoluzioni e crisi dei modelli di sviluppo, con al centro la crisi climatica e i piani di mitigazione/adattamento connessi con la geopolitica e la macroeconomia. Scrive su varie testate nazionali.

Pubblicato:
21-03-2022
Ultima modifica:
22-03-2022
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