Il futuro assente del Salone - Singola | Storie di scenari e orizzonti
Un editing del manifesto ufficiale dell'edizione, 2020
Un editing del manifesto ufficiale dell'edizione, 2020 | Copyright: Mara Cerri / Salone del Libro

Il futuro assente del Salone

L'edizione "online" del Salone del libro di Torino si è conclusa. All'insegna più del potere che delle idee.

Un editing del manifesto ufficiale dell'edizione, 2020 | Copyright: Mara Cerri / Salone del Libro
Redazione Singola

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Chiunque abbia letto il tema del Salone del Libro di Torino di quest'anno, conclusosi da poche ore, non può non aver avvertito un capogiro: il presente, il futuro. 

"Altre forme di vita. Un’esortazione a fantasticare sulla fisionomia umana negli anni a venire, a un decennio dal raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Come attraversare il presente e raggiungere il futuro? La crisi climatica, la sostenibilità, la tutela della biodiversità, l’innovazione tecnologica, i nuovi modelli sociali, economici e politici necessari a vivere degnamente il XXI secolo si intrecceranno con letteratura, cinema, teatro, con la grande arte di raccontare storie. Se non provano i libri a immaginare il futuro e a narrare le mutazioni, chi può farlo?"

Il futuro - ce ne occupiamo su Singola - in questi tempi di crisi vende particolarmente bene. Eppure non è così banale formulare un tema e il fatto che "venda" non è la sola condizione sufficiente della sua legittimità: se questo succede, lo fa per le stesse ragioni per cui hanno successo il titolo e la copertina di un libro. Fondamentali, ma bisogna poi riempirli di sostanza.

Si prenda l'ultimo libro di Walter Siti (presente al Salone), La natura è innocente. Si presenta con l'immagine di un vulcano che erutta una nube di gas colorato, rosa shocking. Da questa artificialità capiamo che la natura non è proprio natura: è il 2020, e noi siamo a bordo di questo pianeta che esplode. Come in questo prodotto-libro, il marketing del Salone riproduce su di noi, in relazione a quest'epoca, la stessa user journey (qui l'inglese è necessario) di un volo, dall'ebrezza di una meta solare e abbordabile (desiderio), alla semplicità di acquisto (comodità d'uso), passando per quella checkbox in cui l'utente sceglie se versare un euro in più per compensare la CO2 del suo volo (due soldi di criticità), fino al volo effettivo, l'allaccio della cintura di sicurezza, la propulsione dei motori (realtà).

Il libro di Walter Siti, La natura è innocente

Il libro di Walter Siti, La natura è innocente | Rizzoli

Nicola Lagioia, almeno a livello di marketing, ci sa fare. Il Salone richiama costantemente i suoi record di presenze, li straccia. Ora sarebbe interessare chiedere al suo direttore se è genuinamente convinto che a questo primato corrisponda anche un effetto analogo, se non significativo almeno percettibile, nel campo della cultura.

La sensazione che si è avuta in questo Salone è stata quella di entrare in una qualunque Feltrinelli: i big in cima alle pile delle classifiche e nelle vetrine (Saviano-Cognetti-Rushdie), una robusta e moderna collezione di classici (Rumiz-Maraini), poi le sezioni kids/fumetto (Fridays for the future-Zerocalcare) e musica (Jovanotti-Capossela) e semmai qualche libro interessante in fondo, e chi sa per quanto tempo, minacciato dal nome di un big della prima fascia che rientra per altre vie, casomai ve lo foste perso (Barbero). 

Questo consumatore inquadrato nel target del nostro Festival delle "idee", dovrebbe quindi "attraversare il presente" e approdare al futuro ispirato da un esercito di figure pop-potenti e gongolante in un fervido clima di shopping pre-estivo. E dovrebbe farlo in modo ancora più coraggioso grazie alla forma "eccezional-sperimentale" dello streaming digitale, capace di metterci tutti in diretta nonostante il coronavirus, magari con il bonario "bollino" dei tre capimastri di Corsera / Rep / La stampa (Gramellini-Mauro-Giannini) nella funzione di contraddittorio liberal

Se questa kermesse possa stimolare o meno la cultura, l'impressione che dà a chi quotidianamente prova a farla in modo meno scontato, ricercandola cioè nelle posizioni ancora non conclamate e istituzionalizzate (chi fa uso di questa retorica direbbe "nelle fucine delle idee", "nei territori"), è che lo faccia quanto un ipermercato stimola nel consumatore la consapevolezza sul cibo: poco e niente. É più facile che si esca con un carrello pieno di prodotti preconfezionati che di primizie. 

Ci sono stati dei nomi proposti che non ci sentiamo di inserire nei sopracitati gironi dei big e che ci convincono molto di più, se vogliamo, per il valore che la loro visibilità può creare all'interno del Paese: Luciano Floridi per il suo pensiero analitico, supportato dai dati; Samantha Cristoforetti per la sua esperienza e la sua percezione; gli autori stranieri sconosciuti in parte al pubblico italiano; le case editrici minori presenti, per il loro lavoro. Questo vuol dire appunto fare cultura, creare discorsi e stimoli nuovi, soprattutto dovendo rispondere a un tema così ambizioso. Ma è davvero troppo poco.

Durante la stesura di questo articolo, sulla pagina facebook del Salone è comparso questo post: "Quando, più di trent’anni fa, Iosif Brodskij disse che il Salone era «un’idea luminosa, con un pizzico di follia» non poteva immaginare nulla di tutto questo."
Non ditelo troppo forte.

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Italia - 2020
Arti
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Pubblicato:
18-05-2020
Ultima modifica:
12-03-2023
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