Le macchine di Dio - Singola | Storie di scenari e orizzonti
Opera all'interno di Ars Electronica, Linz, 2009.
Opera all'interno di Ars Electronica, Linz, 2009. | Copyright: Stephen Downes / Flickr

Le macchine di Dio

Lande digitali, epidemie e crisi climatica. Un approfondimento su "Le Macchine di Dio" di Helga Nowotny, recente pubblicazione di Luiss University Press.

Opera all'interno di Ars Electronica, Linz, 2009. | Copyright: Stephen Downes / Flickr
Diego De Angelis

è un programmatore informatico e da anni scrive sul web. Ha collaborato con Vice, Esquire, UltimoUomo e altre riviste scrivendo di cultura popolare, questioni sociali e scienza.

Qualche settimana fa un ingegnere di Google ha annunciato al mondo che l’intelligenza artificiale LaMDA (language model for dialogue applications), con la quale ha passato giornate fitte di dialoghi, è senziente come può esserlo un bambino di otto anni, “un ragazzo dolce che vuole aiutare il mondo a essere un posto migliore.”
E mentre Blake Lemoine cercava di convincerci della senzienza di un modello linguistico il mondo continuava a fare i conti con il quinto mese di guerra russo-ucraina e la diffusione di una nuova variante SARS-CoV-2. 
Come se non bastasse, il tempo presente è carico di tanti altri eventi di notevole interesse: una crisi energetica che sembra mettere in crisi anche economie solide come quella tedesca, temperature da crisi climatica sempre più evidente, terremoti politici e l’ambiguo attentato mortale all’ex premier più longevo del Giappone.
Tempi di fatti che si ammassano e che potrebbero dar ragione a quelle teorie accelerazioniste che andavano di moda qualche tempo fa: stiamo correndo verso qualcosa di nuovo per la storia dell’uomo.  Un futuro complicato, anche perché non c’è nessun paradiso automatizzato all’orizzonte, costretti a fare i conti con una serie di questioni sociali ed economiche che hanno avuto origine ventesimo secolo.

Fare uscire oggi un saggio sulla contemporaneità (e sui conflitti che la circondano) non è un’impresa facile: si rischia di diventare obsoleti nel giro di poche settimane. Come in quel libro ultrafamoso nel quale Harari scrive che “l’era dell’impotenza degli uomini di fronte alle epidemie naturali è probabilmente finita” (Homo Deus: breve storia del futuro). Non è andata proprio così. 
Le Macchine di Dio - Gli algoritmi predittivi e l'illusione del controllo (Luiss University Press) è un saggio che in qualche modo, con una lucidità non sempre costante, riesce ad essere una lettura utile, una mappa di quello che ci sta succedendo ed è appena successo. 
Scritto da Helga Nowotny, oggi 84enne, presidentessa dell’ERC (European Research Council), una lunga e onorata carriera accademica cominciata con un Ph.D in Sociologia alla Columbia University di New York. 
Come fa intuire il sottotitolo del saggio, uno dei temi fondamentali per Nowotny è la sfida nei confronti del complesso labirinto di possibilità che è quello delle intelligenze artificiali e del mondo nuovo che interseca reale e digitale, la digi-land (una visione viene chiamata con nomi e definizioni simili, come nel caso dell’ infosfera  per il filosofo Luciano Floridi).

Nel primo capitolo del libro si parla del rapporto tra arte e intelligenza artificiale; nel 2021 il Rijksmuseum di Amsterdam annunciò di poter insegnare ad una AI a “pensare, agire e dipingere come Rembrandt".  Un’operazione che una storica dell’arte digitale, Alison Langmead, ha poi decostruito definendola “un caso di magia informatica”, dove una tecnologica “di ammirevole sofisticatezza” illude di sapersi comportare come un umano. 
Nowotny propone un alternativa al “test di prossimo Rembrandt,” il “test di creatività”, nel quale diventano essenziali gli elementi di rottura, quando l'imprevedibile serendipity fa il suo ingresso in un processo artistico (aggiungo, anche scientifico).
Mentre scrivo in questi giorni sono in tanti ad aver accesso alla beta di MidJourney( basata su una tecnologia text-to-image), una IA particolarmente creativa, utilizzata già in ambito artistico per disegnare cose più o meno bizzarre. Io ad esempio le ho chiesto di disegnare “Un’intelligenza artificiale che pensa e disegna come Rembrandt”:

Nel caso in cui foste interessati ad approfondire l’argomento arte e algoritmi è appena apparso un articolo del filosofo Francesco d’Isa, lettura consigliata. 
La rivoluzione digitale altera l’esperienza del tempo e dello spazio, costringendoci come specie a chiederci, ancora una volta nella storia, cosa significa essere umani. Soprattutto ora che viviamo in un tempo in cui i simulacri di boudrilliardiana memoria hanno le forme di avatar digitali e creature artificiali con i quali interagiamo quotidianamente. Nel secondo capitolo del saggio Nowotny propone il termine Mirror World, il mondo allo specchio che diventa l’habitat virtuale esteso, come non-replica del nostro universo fisico. Lo fa ereditando le letture fatte dallo storico Hillel Schwartz e della cultura della copia nei confronti di tutta quella lunga serie di dispositivi che creano una mappatura tra reale e digitale: come i dispositivi per le smart home, la realtà aumentata, le doppie vite di instagram e TikTok, le telecamera di riconoscimento facciale sparse per il pianeta, i dispositivi di tracciamento tetradimensionale a radiofrequenza (RFID). Nel Mirror World “ogni oggetto o entità del mondo fisico, ogni evento o fenomeno può ricevere un’ombra, una controparte o un gemello digitale nello spazio virtuale. ” Il punto focale di Nowotny mi sembra interessante: da una parte viviamo in un contesto in cui la privacy è messa sempre più a dura prova, una questione sempre più controversa, non solamente da un punto di vista meramente legislativo, ma anche di consapevolezza e definizione che ogni singolo cittadino ne dà della propria esistenza; ma questo mondo di specchi virtuali è abitato dalle celebrità e influencer che sono seguiti da milioni di follower, il cui stile di vita sembra basarsi su una costante ricerca della felicità e del divertimento. “Divertirsi e fare soldi”, fa notare Nowotny, è lo stesso slogan di chi ha fondato il mondo degli specchi virtuali, la generazione leggendaria della Silicon Valley, e il loro entusiasmo stava proprio nella sicurezza della rivoluzione digitale che li avrebbe resi miliardari. 

Quando si parla dei robot e delle intelligenze artificiali Nowotny cede a suggestioni transumaniste. Sono comunque pagine interessanti, se rapportate appunto alle questioni quotidiane suscitate dal caso di LaMDA. Le domande della sociologa gravitano attorno alla possibile definizione di vita di quello che consideriamo una non-vita. Esiste una vita digitale? Esiste una possibilità oltre i sei elementi chimici fondamentali della vita biologica (CHNOPS) ? Fascinazioni più o meno interessanti occupano alcune pagine del libro, come quella della “mente” globale dei robot o la sostituzione del DNA con programmi software, silicio, metallo e bit al posto del carbonio e dell’acido nucleico. 
Questa trattazione spiccatamente filosofeggiante si associa alle discussioni sugli algoritmi predittivi, sul quale però Nowotny rimane ancorata a una visione dichiaratamente ispirata alle teorie di Harari.  

Nowotny coglie il punto quando spende pagine per raccontare la crisi della narrazione del progresso, nata e sviluppatosi dal diciottesimo secolo in poi. La storia per secoli ha dato ragione all’associazione tra progresso tecnologico e sociale, come  dimostrano le vaccinazioni o la rivoluzione idrica urbana, passando per le rivoluzioni dei trasporti e via dicendo.
La crisi climatica e la sensazione di deperimento del pianeta è diventata una questione principale tra i cittadini più giovani del mondo liberale. Ne sono una chiara espressione le manifestazioni del Fridays for Future, ma lo è anche la condivisione di uno stato di malessere - sempre generazionale - conosciuto con il termine di solastalgia
Se da una parte si può parlare del tramonto di alcuni sogni “di vita” come può essere comprarsi casa o un'automobile,  sembra che la stabilità mentale dei più giovani non sia garantita nonostante la realizzazione di alcuni obiettivi tecnologici fino a qualche anno fa considerati essenziali, come una connessione internet globale o la possibilità di avere dispositivi tecnologici a portata di tutti.
La domanda che Nowotny si pone è chiedersi che fine abbia fatto la ricerca della felicità nell’epoca della digitalizzazione.

“E’ semplicemente stata privatizzata. [...] Gli algoritmi predittivi forniscono una nuova forma di nutrimento digitale, che consistente nelle raccomandazioni di uno stile di vita digitale.”
Siamo entrati nell’era delle “possibilità senza limiti di potenziamento delle funzioni fisiologiche del corpo umano, delle prestazioni cognitive e della qualità dell’umore [...]  Gli algoritmi predittivi forniscono una nuova forma di nutrimento digitale, che consiste nelle raccomandazioni di uno stile di vita salutare. Essi offrono vari riscontri su come  conseguire, conservare e migliorare la felicità individuale, oggi ridotta a una semplice utility da parte del business della felicità”.

Personalmente ho conosciuto decine di colleghi a lavoro o amici ossessionati dalle applicazioni di fitness che riempiono di achievements chi rispetti la quantità di passi giornalieri. Così come sono popolari i dispositivi di controllo delle funzionalità corporee, la qualità del sonno, che creano programmi personalizzati di allenamento. Per utilizzare un termine del saggio, sono “quanti di felicità” giornalieri, pezzettini soddisfacenti che più che realizzare le persone sembrano avere il compito di farle tenere a galla, focalizzati su obiettivi individuali. Nel mentre sembra sparire un'idea di felicità pubblica, elemento cardine della rivoluzione sociale dell’Illuminista (e di suoi tanti intellettuali, come Ludovico Antonio Muratori).

L’ultimo capitolo del libro è dedicato alle conseguenze sociali del Covid e dell’ambiguità che ha avuto il mondo digitale durante la crisi. Da una parte l'epidemia ha spinto in avanti gli investimenti e il successo di tutte le aziende private, protagoniste di quella rivoluzione del concetto di felicità; dall’altra, nessuno di noi avrebbe voluto passare due anni di intermittenti lockdown senza  i dispositivi tecnologici, soprattutto privi delle stesse piattaforme sulle quali facciamo massa critica.
Al tempo stesso c’è chi ha riscoperto il rapporto con la natura, soprattutto chi ha passato l’isolamento fuori dalle zone urbane ma in contesti campagnoli, montanari o in piccoli paesi. Abbiamo immaginato un cambiando radicale, di fronte a un regno animale che sembrava avesse ereditato il pianeta antropizzato. Ma come fa notare Nowotny l’uomo è tornato in un attimo la specie dominante sul pianeta, occupandolo quanto prima e con una maggiore presenza di tutti quei lavoratori legati al mondo tech, su tutti quello del rider.

Il distanziamento obbligatorio ha accelerato i processi di business legati allo scambio della moneta, all’e-banking, nell’acquisto dei beni di qualsiasi tipo, ma anche nell’apprendimento online (università private o piattaforme come Udemy).
Per Nowotny il virus biologico si fa digitale, rischiando di infettare la vita di chiunque. Nel mondo post-covid il fisico e digitale sono sempre più in relazione e il futuro richiede un nuovo equilibrio. Ne va della nostra salute mentale. Gli algoritmi predittivi prendono tutto lo spazio a loro concesso, regalando determinismo, soluzioni, idee e conferme in cambio di tutti i dati che possiamo (e vogliamo) concedere. 
Fuori dall’analisi del saggio possiamo evidenziare come di fronte a tutto quello che abbiamo scritto si aggiunge un rigurgito inaspettato del Novecento e il ritorno di una storia che non ci aspettavamo: quello della guerra in Europa e di una reincarnazione contemporanea della Guerra Fredda. 
Nowotny ha ragione, sono tempi complicati.

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Questo articolo è parte della serie:  Recensioni
Europa - 2022
Pensiero
Diego De Angelis

è un programmatore informatico e da anni scrive sul web. Ha collaborato con Vice, Esquire, UltimoUomo e altre riviste scrivendo di cultura popolare, questioni sociali e scienza.

Pubblicato:
03-08-2022
Ultima modifica:
03-08-2022
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